TRAPANI. Per Piero Savona "il Pd e il centrosinistra hanno fatto poco affinché il voto a Trapani assumesse un valore nazionale". Davanti al suo comitato elettorale in via di smobilitazione, Savona si toglie qualche sassolino dalla scarpa: "Questa è la terra del super latitante Matteo Messina Denaro - dice - e due dei miei avversari avevano problemi giudiziari. Speravo in un sostegno maggiore del Pd, in un'azione più incisiva, anche perché qui la sinistra praticamente non esiste e il centro è diviso".
E prosegue: "Io ce l'ho messa tutta, ma non potevo certo fare apparentamenti al ballottaggio col senatore Antonio D'Alì, perché se fossi stato eletto e intanto la sua situazione giudiziaria si fosse aggravata certamente mi sarei dovuto dimettere da sindaco".
"A Trapani si tornerà a votare nel 2018, ma potrebbero esserci risvolti inediti se la Prefettura dovesse verificare pressioni subite dal sindaco uscente durante il suo mandato e infiltrazioni di un certo tipo", aggiunge Savona. "E' solo una sensazione, vedremo cosa accadrà", dice.
Intanto, il sindaco uscente di Trapani, Vito Damiano, nel suo ufficio nel palazzo del municipio non nasconde il suo malumore. "Sono un ex generale dei carabinieri e ho fatto il sindaco a Trapani per 5 anni, ma questa politica non mi piace. Ho cominciato a subire pressioni subito dopo il mio insediamento, ho cacciato quattro assessori nei primi sei mesi proprio per questo e poi ne ho sostituiti altri. Lascio un clima brutto, ho avuto un consiglio ostile". Sul pasticcio elettorale, Damiano afferma: "Troppo trambusto, per evitarlo bastava che qualcuno dei protagonisti facesse un passo indietro nei tempi giusti".
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia