In linea con il piano di mobilità non motorizzata approvato in Sicilia nel 2005, l’Assessorato Regionale al Turismo, le Comunicazioni ed il Trasporto ha individuato le linee ferroviarie dismesse e le strade minori come infrastrutture prioritarie per la creazione di una rete di trasporto alternativo a basso impatto ambientale, nota come «mobilità dolce». In questo contesto, è nata l’idea di convertire la linea ferroviaria dismessa di epoca fascista «Kaggera - Vita - Salemi» in una «linea verde» o «greenway», un percorso ciclabile e pedonale, facilmente percorribile, che si snoda attraverso un paesaggio incantevole che racconta la storia del territorio di Calatafimi-Segesta dall’antichità fino ai giorni nostri. Una continua scoperta che consente di conoscere eccezionali testimonianze storiche, archeologiche e geologiche e di ammirare rigogliosi aranceti e oliveti, manufatti legati alla vita contadina e opere di ingegneria civile connesse al funzionamento della tratta ferroviaria.
Santuario di Contrada Mango - Parco Archeologico di Segesta
Tra le aree sacre della città di età arcaica e classica, oltre a quello sulla Collina occidentale con il grande tempio dorico, c’era anche il santuario di Contrada Mango ubicato alle pendici sud-orientali del Monte Barbaro in un contesto naturalistico di grande pregio. Il santuario è prospiciente il Vallone della Fusa e il fiume Gaggera, che marca il paesaggio sacro, e si raccordava alla città attraverso assi viari. L’area sacra si presentava sfarzosa e monumentale: all’interno di un poderoso muro di recinzione e terrazzamento sorgeva un grande tempio dorico. L’edificio, che si conserva a livello di fondazioni, è stato datato alla metà circa del V sec. a.C. e collegato alla cultura architettonica selinuntina. È il primo tempio periptero fatto costruire dalla comunità segestana. Dall’area sacra provengono vasi greci, ceramiche di produzione locale, frammenti di sculture in marmo e oggetti in metallo, tra cui numerose armi in bronzo e in ferro. Il santuario era frequentato da uomini e donne durante rituali individuali e/o collettivi.
I Giardini del Kaggera
Conservano testimonianze riferibili ad antichi sistemi irrigui, di tradizione islamica, che documentano la perfetta relazione tra gli equilibri naturali e l’azione dell’uomo stabilitasi nel corso dei secoli. Un luogo dove regna il silenzio ritmato solo dal suono dell’acqua. Oltre alle gebbie e alle cube, connotano il paesaggio agrario anche le zachie, ovvero canali che convogliavano l’acqua del fiume Calemici-Gaggera-Caldo per azionare i mulini, dislocati lungo il suo corso, e garantire l’irrigazione dei terreni circostanti. Di particolare fascino è la cosiddetta Bocca della verità, tre aperture naturali nel costone roccioso che sembrano disegnare gli occhi e la bocca di un mascherone. Lungo questo tratto del percorso si possono ammirare olivi secolari e rigogliosi agrumeti, coltivati con metodi tradizionali, che producono l’ovaletto di Calatafimi, un’arancia bionda di forma ovale, senza semi e dalla buccia particolarmente profumata. L’ovaletto è stato inserito dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali regionali.
Stazione Ponte Patti e visita Segesta-Calatafimi centro
Lungo la tratta ferroviaria dismessa resta la stazione di Kaggera, un semplice e funzionale fabbricato, concepita al servizio dell’attuale centro di Calatafimi-Segesta.
Fontana di Contrada Canale e Fontana Rio
Simboli dell’antica cultura rurale, gli abbeveratoi sono vasche in muratura che fornivano acqua alle greggi, alle mandrie, agli animali da soma e agli uomini che transitavano nelle campagne, laddove gli elementi architettonici erano in simbiosi con il paesaggio. Spesso utilizzati per scopi irrigui, i «bevai» in taluni casi funzionavano anche come lavatoi. Potevano essere accostati a una fontana e decorati con brevi epigrafi, stemmi, sculture e immagini a carattere sacro. Pur nella semplicità delle forme e dei materiali usati, gli abbeveratoi mostrano efficaci accorgimenti tecnici per convogliare l’acqua delle sorgenti, sfruttandone la naturale caduta, e per consentire di attingerla. Lungo la tratta dismessa si incontrano l’abbeveratoio di Contrada Canale e l’abbeveratoio di Contrada Rio. L’abbeveratoio di Contrada Canale, a cui è annessa una semplice fontana, è formato da più vasche, una delle quali usata come lavatoio. Nel muro è inserito un bassorilievo raffigurante la Madonna con il bambino, che richiama l’iconografia del trittico marmoreo conservato nella chiesa della Madonna di Giubino di Calatafimi-Segesta. La Madonna ha uno strettissimo legame con il mondo rurale: ogni anno, infatti, la seconda domenica di luglio la Madonna nella sua vara lignea viene trasportata nel suo santuario di campagna dove resta fino alla terza domenica di settembre, quando ritorna nel suo santuario di città. Sul muro del monumentale abbeveratoio di Contrada Rio si legge invece la data 1948, anno in cui fu costruito o più probabilmente restaurato.
Opere di ingegneria civile
Lungo il percorso sono presenti vari manufatti architettonici connessi al funzionamento della tratta ferroviaria: caselli, gallerie, sottopassi, un lungo muro di contenimento in pietra, ad archi ciechi, e ponti rettilinei o con curvatura che conservano intatto il loro valore ingegneristico. Tra questi di particolare pregio sono il ponte in muratura a cinque arcate con ringhiera in ferro e balconi con balaustre in mattoni, realizzati per ragioni di sicurezza, e il ponte in muratura con unica arcata e ringhiera in ferro, che conserva il tondo con il fascio littorio e l’indicazione dell’anno di costruzione (1929).
Gessi di Contrada Margi
È una formazione di gessi del II ciclo (Gessi di Pasquasia) databile al Messiniano superiore. Sono gessi macrocristallini selenitici, con la tipica geminazione «a ferro di lancia», immersi in una matrice gessarenitica e gessopelitica. L’area è di particolare interesse geologico e di grande rilevanza paesaggistica.
Monumento Pianto Romano
Sulla sommità del colle detto «Pianto Romano» si erge l’omonimo monumento celebrativo edificato per ospitare le spoglie dei caduti dell’aspra battaglia di Calatafimi combattuta il 15 maggio 1860, lungo il versante occidentale dell’altura, tra i garibaldini e le forze borboniche, un evento decisivo per l’Unità d’Italia. Il sacrario, progettato da Ernesto Basile, venne inaugurato il 15 maggio 1892 in occasione della 32ª ricorrenza dello scontro. La base piramidale, con elementi che richiamano i templi del mondo classico, è decorata ai lati con due gruppi bronzei di Battista Tassara, raffiguranti lo sbarco dei Mille a Marsala e la battaglia di Calatafimi, ed è sormontata da un alto obelisco ornato da una corona di bronzo con la Trinacria e due palme. Alle spalle del monumento si apre «Il Viale della Rimembranza» che conduce ad una stele posta nel 1960, in occasione del centenario del combattimento, su cui si legge la celebre frase attribuita a Garibaldi e rivolta a Nino Bixio: «Qui si fa l’Italia o si muore».
L’Amministrazione comunale di Calatafimi-Segesta il 15 maggio di ogni anno commemora la storica battaglia alla presenza di autorità locali e di altri Comuni.
Mulino dell’Arciprete
Uno dei luoghi più suggestivi e carichi di storia dell’area. È stato recuperato da un privato grazie a un finanziamento del G.A.L. Elimos. È possibile visitare gli spazi interni e conoscere il processo di molitura del grano per la produzione della farina. Il mulino prende il nome da Antonio Brandi, arciprete a Calatafimi tra il 1590 e il 1661, il quale fondò la Casa delle Orfane, a cui, tra le altre cose, assegnò per dote i frutti del proprio mulino chiamato allora dei «Garamboli». Il mulino era parte di una rete di mulini ad acqua, a ruota orizzontale, sorta lungo il fiume Calemici-Gaggera-Caldo.
Comune di Vita
Sorge alle falde del Monte Baronia. È il più piccolo borgo del trapanese e, dopo Erice, il più alto comune della provincia. La sua origine è legata al suo fondatore, Vito Sicomo (1548-1626), nobile di Calatafimi che ricoprì le più alte cariche del regno di Spagna. Il paese è abbellito da pregevoli fontane e da numerosi murales, realizzati da artisti contemporanei, che decorano i muri e i portali delle antiche case disabitate. Il palazzo Daidone, costruito intorno alla fine del XIX secolo, costituisce uno degli edifici più importanti di Vita in quanto espressione della locale borghesia terriera. La Chiesa più celebre è quella dedicata alla Madonna del Rosario, conosciuta come Madonna di Tagliavia, le cui origini risalgono ad un evento prodigioso avvenuto nel 1896. A poca distanza dal centro abitato, sulla cima del Monte Baronia, un tempo Feudo del Sicomo, si estende per quasi 67 ettari un bosco prevalentemente di conifere, ideale per pic-nic, percorsi a piedi e in mountain bike.
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A Calatafimi Segesta storia, arte e natura
L’idea di convertire la linea ferroviaria «Kaggera- Vita-Salemi» in un percorso ciclabile e pedonale
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