CASTELVETRANO. «Rinuncio alla difesa dei marchi «Tumminìa» e «Timilia», lasciandone il libero uso a tutti, promettendo, altresì, l’assoluto impegno di fare della mia azienda la paladina della difesa dei grani antichi effettuando rigorosi controlli al fine di colpire e smascherare i furbetti di turno». Parola di Felice Lasalvia Di Clemente, amministratore unico di «Terre e tradizioni», la società che, tramite i propri legali, aveva diffidato coltivatore e commercianti siciliani dall’uso dei nomi «Tumminìa» e «Timilia». Si è risolto così il caso sollevato dal Giornale di Sicilia, dopo che il mugnaio castelvetranese Filippo Drago era stato informato da suoi clienti dell’arrivo delle lettere degli avvocati. La questione suscitò polemiche in tutto il comparto, con prese di posizioni nette e chiare come quella di Coldiretti Sicilia: «Non mettiamo in discussione la bonarietà dell’accordo che prevede per i coltivatori prezzi remunerativi corrispondenti all’alta qualità del prodotto – ha detto il presidente Francesco Ferreri – merito anche delle loro capacità professionali, rimaniamo piuttosto allibiti che per fare squadra si debba rinunciare alla proprietà intellettuale. La vicenda merita un’accurata analisi dal punto di vista legale perché di primo acchito si tratta di privatizzazione di un nome e di un’operazione che va contro le convenzioni internazionali. Una volta approfondita la situazione, se ci saranno i presupposti, ci impegneremo ad annullare la registrazione».