Una delle più importanti città dell’Antica Grecia doveva contare su un porto di notevoli dimensioni, che potesse garantire scambi commerciali con le altre potenze del Mediterraneo. Così era per Selinunte, il cui ruolo di primaria rilevanza sembra essere confermato dall’ultima scoperta venuta alla luce ed ora resa pubblica, ovvero gli imponenti resti di quello che potrebbe essere stato l’imbocco di uno scalo finora sconosciuto, adesso reso chiaro dal rinvenimento di una struttura lunga 15 metri composta da spessi blocchi di pietra, a cento metri dalla spiaggia più frequentata e suggestiva della cittadina balneare in provincia di Trapani e in territorio del comune di Castelvetrano.
Siamo nel tratto di costa che si trova ai piedi dell’Acropoli del Parco archeologico selinuntino, in uno scorcio unico da dove si ammira il profilo del Tempio C, in corrispondenza della foce del gorgo Cottone. E risalendo il corso d’acqua, in questa stagione quasi del tutto asciutto, ci si imbatte nel manufatto da poco venuto alla luce, in un’area resa ancora più visibile dai lavori di pulizia dalla vegetazione compiuti non da molto. Proprio durante i recenti interventi di manutenzione ordinaria e disboscamento gli operatori si sono resi conto casualmente che qualcosa di inusuale emergeva dalla sabbia. Era l’angolo di uno dei blocchi sistemati in quattro file, per un’altezza di 1 metro e 80 centimetri, scoperti grazie allo scavo subito fatto partire dagli archeologi e dal personale interno al Parco, portando a galla qualcosa di unico, che non compare in nessuna delle ricostruzioni o dei disegni compiuti dai viaggiatori che fin dal XVIII secolo hanno tramandato la fama di Selinunte. Perciò non resta che capire quale fosse la reale funzione dell’opera andata distrutta forse più di duemila anni fa.
Le ipotesi più accreditate farebbero comunque pensare ad un argine di contenimento del fiume o alle pareti di una darsena, cioè il bacino per le imbarcazioni di quello che parrebbe essere uno dei due porti di Selinunte, quello ad ovest. Ma ci si potrebbe anche trovare di fronte a ciò che resta di un ponte che univa le due sponde del canale. Di certo, però, sepolte sottoterra sono presenti ancora altre strutture, stando a quanto registrato dai georadar. Dunque siamo solo al passo iniziale di una scoperta che potrebbe davvero far riscrivere la storia e la topografia della città fondata nel 650 avanti Cristo dai coloni provenienti da Megara Iblea.
«Sicuramente finanzieremo gli scavi da condurre nella parte interna del manufatto, per vedere se gli archeologi faranno ulteriori scoperte utili per capire a cosa serviva davvero la struttura venuta alla luce», assicura Felice Crescente, direttore del Parco archeologico di Selinunte, non nascondendo l’emozione per il rinvenimento, soprattutto per il fatto che a compierlo sia stata una ricercatrice nata ad una decina di chilometri da qui, la castelvetranese Linda Adorno, profonda conoscitrice e studiosa dell’antica Selinunte e collaboratrice scientifica dell’Istituto archeologico Germanico di Roma. Ad assisterla è stata l’archeologa Melanie Jonasch, con il contributo inoltre di un gruppo di studenti dell’Università di Palermo.
Di «un’altra scoperta che conferma la Sicilia un inesauribile giacimento di reperti che contribuiscono a ricostruire una storia millenaria gloriosa e figlia di scambi culturali e economici incessanti», parla il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani: «È il patrimonio di cui siamo eredi ma anche custodi - prosegue -. Per questo abbiamo la responsabilità di riscoprirlo, di studiarlo e di proporlo alle nuove generazioni. Insieme a questo, abbiamo un’opportunità unica per rendere l’offerta culturale una proposta turistica sempre più ricca che diventi risorsa di sviluppo per la nostra regione».
«Siamo sempre più certi che bisogna sostenere nuove missioni di scavo, e Selinunte sarà tra le priorità», aggiunge l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato, sottolineando che «l’impegno è quello di riportarla alla luce nella sua complessità e interezza».
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