ALCAMO. Il Castello di Calatubo, nella nottata tra lunedì e martedì, è balzato al primo posto nella classifica di votazioni per il censimento del Fai "I luoghi del cuore". Ieri ha consolidato il primato distaccando di oltre mille voti la seconda posizione: con oltre 44 mila voti (oltre 18 mila quelli online) ha infatti sorpassato nella graduatoria di preferenze la Certosa di Calci (Pisa). Un sorpasso che potrebbe essere, a questo punto, decisivo. C’è tempo fino al 30 novembre per votare. Ottenendo il primo posto in classifica per questa campagna del Fai, si potranno avere importanti finanziamenti per il recupero dell’antico maniero che versa in condizioni di degrado. “Il Castello di Calatubo – come spiegano Maria Rimi e Stefano Catalano promotori con l’associazione di volontariato “Salviamo il Castello di Calatubo” - si fonda su un rilievo roccioso (alto 152 metri) da cui si dominano il Golfo di Castellammare e l'entroterra fino a monte Bonifato con le relative fortificazioni. La posizione del sito, attraversato da importanti vie di comunicazione, la ricchezza del suo territorio e la presenza di uno sbocco marittimo di un entroterra tra Partinico e Segesta, spiegano la presenza di un insediamento già in età arcaica e l'importanza che esso assunse in età normanna. Il castello costituisce un complesso architettonico pluristratificato di notevoli dimensioni (circa 150 x 35 m), i cui corpi di fabbrica si snodano lungo un compatto banco di roccia calcarea, assecondandone completamente l'andamento. Quando nel 1093 il Conte Ruggero definì i confini della nuova diocesi di Mazara, la fortezza di Calatubo esisteva già, venendo infatti inclusa fra i castelli nel nuovo grande vescovado. Circa sessant'anni dopo, quando il geografo musulmano Edrisi descrive la Sicilia sotto il regno di Guglielmo il Buono, Calatubo è indicato come robusta fortezza e villaggio con un vasto territorio nel quale si estraggono le pietre da mulino; notizia, quest'ultima, confermata anche dalle recenti ricerche che hanno individuato le antiche cave lungo il corso del torrente Finocchio. Dopo l'abbandono del villaggio, durante il periodo della guerra antimusulmana condotta nell'isola da Federico II, il Castello, cessata la sua funzione militare, si trasformò in masseria a controllo del vasto feudo, trasformazione documentata dalle numerose strutture che si sovrapposero all'impianto originario, come magazzini, stalle e quant'altro fosse stato utile al buon funzionamento di una vasta azienda agricola qual'era il feudo di Calatubo. Fino agli anni '60, il Castello era ancora in buono stato di conservazione, grazie al continuo utilizzo dell'antica dimora che, con pesanti interventi di ristrutturazione aveva consentito, comunque, il mantenimento delle fabbriche. Poi l'oblio. La fortezza, ormai abbandonata, divenne un ovile. L'azione distruttiva degli animali, il terremoto del 1968 e l'assenza d'interventi condusse al crollo dei solai e infine delle murature. A ciò si aggiunse l'opera degli scavatori di frodo che s'intensificò nell'area intorno al Castello, interessati ai reperti archeologici che venivano alla luce nell'importante necropoli scoperta lungo le propaggini della rocca e che documentava la presenza di un centro antico risalente al VII secolo a.C.”.