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Pantelleria, quell’estate del ’69 e Marquez

Lo scrittore colombiano trascorse alcuni giorni di vacanza nell’isola. Paolo Ponzo: «Fui io, giovane subacqueo ventenne, ad ispirare il personaggio di Oreste in uno dei “Racconti raminghi”»

PANTELLERIA. Paolo Ponzo, ex dipendente Telecom oggi in pensione, è Oreste, uno dei protagonisti del racconto La felice estate della signora Forbes ambientato a Pantelleria da Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel per la letteratura, deceduto giovedì scorso. Paolo ricorda perfettamente quei giorni (era il mese di luglio del 1969, l'estate del primo sbarco sulla Luna) passati con l'autore di Cent'anni di solitudine, il libro forse più famoso di Marquez che era uscito due anni prima.
Oreste, il ragazzo di vent'anni protagonista nel racconto somiglia a Paolo. «Oreste - scrive Marquez per introdurre il personaggio - aveva una ventina d'anni, passava più tempo nelle profondità marine che sulla terraferma e sembrava lui stesso un animale marino (...). Quando lo vide per la prima volta, la signora Forbes, aveva detto ai nostri genitori che era impossibile concepire un essere umano più bello».
«Conobbi Gabriel Garcia Marquez - racconta Paolo Ponzo - in quella calda estate del 1969. Era ospite del suo traduttore italiano, Enrico Cicogna. Io e la mia famiglia badavamo alla casa di Cicogna. Garcia Marquez venne in compagnia della moglie e dei suoi due figli. Con loro c'era anche un ragazzo, colombiano. Si fermò un mese e da quello che ricordo fu davvero un bellissimo mese. Quasi tutti i pomeriggi andavamo al mare e qualche volta uscivamo anche in barca. La sera poi, mangiavamo insieme il pesce pescato durante la giornata».
Passarono gli anni e Paolo non seppe più nulla di quel turista sudamericano. Poi negli anni Novanta sul giornale locale, Il Panteco, vennero pubblicati dei brani del racconto ambientato nell'isola. «Quando lessi quegli estratti mi resi conto che avevano qualcosa a che fare con me. Un amico mi fece avere la copia del libro Dodici racconti raminghi, e mi resi conto che quelle situazioni le avevo vissute realmente. Oreste, il ragazzo pescatore, quello sempre a mare, ero io; e Fulvia Flaminia, la donna che preparava da mangiare e badava alla casa, era mia madre».
La storia inizia con i due bambini (i figli di Marquez) che ritornano a casa dopo un pomeriggio di mare, e trovano una murena appesa con un coltello sulla porta. «Quella murena di 7 chili - dice Paolo - l'avevo pescata io. L'avevamo appesa sulla porta della casa dove stava Marquez, per fargli uno scherzo. La frase che Fulvia Flaminia dice ai bambini per convincerli a mangiare la murena è una frase che in realtà aveva detto mia madre. Il marito di Fulvia Flaminia, quello che lavorava in un albergo, era mio padre. Solo anni dopo, quando vinse il Nobel, mi resi conto della fortuna che avevo avuto a conoscerlo». «Stavamo passando l'estate nell'isola di Pantelleria, nell'estremo sud della Sicilia - raccontò Marquez nel 1980 su El Pais, ripescando tra i ricordi della notte dell’“allunaggio” - e non credo esista nel mondo un posto più appropriato per pensare alla Luna. Pensavo (vedendo Pantelleria, ndr.) con una certa nostalgia premonitrice che così doveva essere la luna. Ma lo sbarco di Armstrong aumentò il mio orgoglio patriottico: Pantelleria era migliore».

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