Avrebbe messo a disposizione le proprie risorse economiche e imprenditoriali per agevolare il mandamento mafioso di Mazara del Vallo garantendo sostegno ai suoi affiliati e traendo vantaggi illeciti per le sue attività. Questo emerge dalle carte sul ruolo dell’imprenditore mazarese Luigi Prenci, detto Gino, arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito della grossa operazione condotta dalla Dda che ha portato all’arresto in carcere di altre sei persone, mentre dieci sono quelle finite ai domiciliari e una all’obbligo di dimora nel comune di residenza.
Luigi Prenci, 54 anni, è ritenuto una figura in ascesa in un intrecciato sistema di favori e affari in diversi settori economici. Ha iniziato la sua attività imprenditoriale nel settore della macelleria e progressivamente, grazie presumibilmente a rapporti diretti con Vito Gondola, storico reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, sin dalla metà degli anni 2000, ha potuto espandere la propria sfera di affari acquisendo la proprietà e la gestione di numerose società in cambio del sostegno garantitogli dall’associazione.
Acquisita la proprietà di alcuni supermercati, a marchio Crai, ha infatti allargato le proprie mire in altri settori con investimenti anche in quello della pesca, divenendo un vero e proprio armatore, rilevando quote di imprenditori in difficoltà, di alcuni pescherecci d’altura per la pesca del rinomato gambero rosso. Lo stesso imprenditore avrebbe assicurato a Cosa nostra l’assunzione di affiliati (vedi quella del palermitano Emilio Alario già condannato per associazione mafiosa) e di loro parenti, aiuti finanziari per l’avvio di nuove attività economiche, nonché l’acquisto di beni posti in asta e riconducibili a soggetti contigui, così che gli stessi ritornassero nella loro disponibilità.
Nell’accusa contestata dalla Procura il ruolo di Prenci emerge nelle vicende relative alla gestione delle aree di pascolo, lo stesso infatti sarebbe stato favorito anche nell’assegnazione di alcuni terreni a scapito di altri allevatori, ciò grazie all’intermediazione esercitata dal sodalizio mafioso ed in particolare da Domenico Centonze, considerata la figura di primo piano dell’inchiesta. In cambio Prenci avrebbe anche avallato il sostegno ad un progetto del Centonze e soci di costituire un consorzio di produttori di latte per aumentare e fissare il prezzo sul territorio di Mazara e Marsala. Rispetto per il Centonze nutriva anche il figlio di Luigi Prenci, Giuseppe di 27 anni, finito ai domiciliari, per aver favorito - secondo l’accusa - assieme a Vito Ferrantello di 42 anni, nel tentativo di eludere le indagini, la comunicazione fra diversi soggetti coinvolti.
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