Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

L'insegnante Bonafede al Gup: «Sono nata in una famiglia mafiosa, Messina Denaro mi rassicurava»

Laura Bonafede, figlia del boss di Campobello di Mazara, e Matteo Messina Denaro parlano al supermercato il 14 gennaio del 2023, due giorni prima dell'arresto del boss. ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING NPK

«Io sono nata in una famiglia purtroppo mafiosa e ho vissuto fin da bambina con questo clima» e «mio padre (il boss Leonardo Bonafede ndr) parlava anche a casa dei suoi impegni» quindi «sono cresciuta cosi, abbiamo frequentato anche persone dello stesso ambiente», ma «noi figli, e nemmeno mia madre, abbiamo mai fatto parte di questa vita nonostante la vivessimo» e «non abbiamo mai parte di nessuna associazione mafiosa, anche perché le donne, bambine e adulte, erano tenute un pochettino lontane da certe situazioni e da certi contesti». Lo ha detto nel corso di lunghe dichiarazioni spontanee davanti al Gup Laura Bonafede, la maestra di Campobello di Mazara, sentimentalmente legata a Matteo Messina denaro, oggi condannata per associazione mafiosa a 11 anni e quattro mesi.

L’imputata ha anche raccontato di aver conosciuto Messina Denaro da bambina tramite il padre e di averlo avuto vicino nei momenti difficili della sua vita come dopo l’arresto del padre e del marito. Lei e il boss, ha ricostruita Bonafede, si sarebbero incontrati negli anni costantemente, ma non avrebbero mai vissuto insieme.

«Nel gennaio del 2008, mentre io mi trovavo nella cartoleria Giorgi a Campobello - ha affermato - ho incontrato, per meglio dire Matteo Messina Denaro si è fatto riconoscere: io stavo salendo sulla mia auto e lui era sulla sua, mi ha fatto cenno di seguirlo e io l’ho fatto: l’ho seguito, poi siamo andati in un posto che era una strada un poco più isolata quindi mi ha fatto cenno di scendere e sono salita sulla mia macchina, a quel punto li ci siamo.... abbiamo parlato, era tanto tempo che non ci vedevamo, mi ha raccontato di sua figlia, insomma che aveva avuto una bambina, tante cose di famiglia, ci siamo dati appuntamento per febbraio».

«Lì sempre stessa modalità, ci siamo dati un orario - ha aggiunto l’imputata - poi ho lasciato la mia auto e sono salita sulla sua, non in maniera, come dire, all’aperto, perché ho adottato dei sistemi..., per tutelarmi un pochettino da quelle che erano tutte le mie conoscenze, perché Campobello essendo un paese piccolo mi conoscevano tutti e io mi trovavo in una posizione anche particolare, una donna sposata, una donna sola, e così mi sono nascosta. A quel punto siamo arrivati in una casa, lui ha entrato la macchina, ha chiuso il portone e li ci siamo incontrati, sono state circa un paio di ore assieme a lui». «Sono stata bene, abbiamo parlato, mi sono sentita anche un poco rassicurata, tipo mi sono sentita come appoggiata», ha ammesso.

Caricamento commenti

Commenta la notizia