Ha atteso 30 anni senza stipendio e numerose sentenze per essere assegnato a un altro ruolo per motivi di salute e per avere il denaro arretrato. Protagonista della vicenda un agente delle polizia penitenziaria che 1992 ha chiesto di essere trasferito in un ufficio del ministero di Trapani per ragioni di salute.
Dal ‘92 solo nel 2012, dopo ricorsi al Tar e al Cga, il ministero ha fissato la visita e poi l’ha dichiarato idoneo e inserito in ufficio. Fino al 2012 l’uomo non ha ricevuto la retribuzione. Per questa ragione, nel 2015, ha avviato una causa per ottenere un risarcimento economico, assistito dagli avvocati Alessandro Palmigiano e Licia Tavormina.
Con sentenza del 2023, il Tar ha accolto la tesi degli avvocati e ha quantificato la somma per l’equivalente del 50% delle retribuzioni, tenendo conto che, in quegli anni, l’agente aveva comunque svolto qualche attività, e cioè in 155.462,82 euro, oltre agli interessi.
Ma il ministero, invece di procedere con il pagamento, ha chiesto al lavoratore di «rendere dichiarazione delle somme eventualmente percepite a qualsiasi titolo nel periodo 18 marzo 1995 e fino al 2012» e trasmettere la relativa documentazione. La richiesta era superflua però, visto che il Tar, nel calcolare l’arretrato dovuto, aveva già tenuto conto dell’eventuale denaro percepito, liquidando di fatto il 50% della somma complessiva degli stipendi. Il ministero, invece, «illegittimamente» secondo la tesi dei legali, ha effettuato una ulteriore riduzione pagando solo 80 mila euro senza interessi.
Con un nuovo provvedimento i giudici amministrativi hanno messo fine a una vicenda lunga quasi 30 anni, condannando il ministero della Giustizia ed il ministero dell’Economia ad attenersi alle cifre indicate in sentenza e, quindi, a pagare l’ulteriore somma di circa 76 mila euro.
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