Trapani

Venerdì 20 Settembre 2024

Il blitz antimafia di Alcamo: c'erano contrasti nel clan sugli imprenditori ai quali chiedere il pizzo

Una inchiesta quella portata a termine ieri che fotografa come la mafia in provincia di Trapani è più viva che mai e continua a tessere accordi con la politica, continua a fare estorsioni con l’uso della minaccia. Una fotografia molto attuale e precisa quella scattata dagli inquirenti sulle dinamiche dei clan. Gli indagati finiti in manette, così come scrive il gip Alfredo Montalto nell’ordinanza, «avrebbero partecipato attivamente all’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo per commettere una serie di crimini volti a controllare attività economiche e influenzare la vita politica e amministrativa del territorio». Al vertice dell’organizzazione, Francesco Coppola è indicato come il promotore e capo della famiglia mafiosa di Alcamo. Era lui a impartire direttive, presiedere riunioni e mantenere i collegamenti con altre articolazioni di Cosa Nostra, coordinando le attività illecite e commettendo reati associati all’organizzazione mafiosa. Coppola viene indicato dai solidali più vicini pronto «mettere la pace». Indicativa è una intercettazione di Di Gregorio: «Ogni mese ci dovrebbero entrare venti, trentamila euro», dice. Lo stesso fa riferimento alla riduzione delle entrate a causa di interventi di Coppola finalizzati a «mantenere la pace» (Di Gregorio: «Io non capisco com’è che lui mantiene solo la calma, mantiene la pace con tutti pure con i “pigna/ori” li tiene a posto, non li rimprovera, io non capisco») ed a tal proposito cita alcuni casi specifici in cui Coppola gli aveva chiesto di non recarsi da imprenditori per riscuotere quanto preteso anche se lui intendeva disattendere quella richiesta. Giosuè Di Gregorio, al fianco di Coppola, gestiva i contatti con esponenti di altre famiglie mafiose e della 'ndrangheta calabrese. Era un punto di riferimento per la risoluzione di conflitti interni o esterni alla famiglia e si occupava di attività economiche riconducibili alla mafia. Gregorio Savio Ascari partecipava alla famiglia mafiosa di Alcamo, facilitando i contatti tra Coppola e altri membri della famiglia mafiosa, contribuendo a mantenere l’ordine interno e custodendo armi per conto dell’organizzazione. Ascari si occupava anche del sostegno al detenuto Antonino Melodia. Antonino Minio era coinvolto nella gestione diretta di attività economiche controllate dalla mafia alcamese e manteneva i contatti tra i vertici dell’organizzazione soprattutto Minio con Di Gregorio con il quale viene intercettato mentre parlano della problematica relativa alla presenza di telecamere di video sorveglianza a Calatafimi «ci dobbiamo far sapere a Calatafimi è pieno di telecamere e non ci possiamo andare riunioni là non se ne possono fare più»). Giuseppe Sciacchitano, autista di Coppola, facilitava gli incontri con altri esponenti della famiglia mafiosa. Custodiva il telefono cellulare di Coppola durante le riunioni riservate. Fabio Ciotti e Nicolò Coppola partecipavano alle attività della famiglia mafiosa di Alcamo, gestendo attività economiche e commettendo crimini volti a rafforzare l’associazione mafiosa. Nicolò Coppola avrebbe sfruttato la sua posizione per ottenere commesse lavorative.

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