È stato rinviato all’11 giugno per le controrepliche della difesa e per la sentenza il processo ad Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità a Matteo Messina Denaro, consentendogli, tra l’altro, di curarsi nelle strutture sanitarie grazie ai falsi documenti.
L’imputato, che risponde di associazione mafiosa, è il nipote di Leonardo Bonafede, vecchio boss di Campobello di Mazara da sempre legato ai Messina Denaro. Una famiglia a totale disposizione dell’ex latitante, secondo gli inquirenti. Nei mesi scorsi sono stati condannati per avere aiutato Messina Denaro due cugini, mentre una terza cugina, Laura, è sotto processo. Oltre a consegnare al capomafia la sua carta di identità per consentirgli di ottenere un falso documento usato per comprare un’auto, a dargli la tessera sanitaria necessaria per le terapie e le visite mediche alle quali il boss ammalato doveva sottoporsi, Bonafede, definito dal gip «un uomo d’onore riservato», ha acquistato per conto del padrino la casa di Campobello di Mazara in cui ha trascorso l’ultimo periodo della latitanza e la Giulietta con cui si spostava. La macchina venne acquistata nel 2022 personalmente dal padrino in una concessionaria di Palermo e formalmente fu intestata alla madre di Bonafede. E sempre alla madre del geometra, disabile di 87 anni, era intestata la Fiat 500 data in permuta per l’acquisto della Giulietta. Nel 2007, poi, 16 anni prima dell’arresto del latitante, aveva preso in affitto un altro immobile usato dal boss. Circostanza che, secondo i pm, smentisce la tesi difensiva. Il geometra ha sostenuto infatti di avere aiutato Messina Denaro per timore. «Era malato e non aveva più nulla da perdere, avevo paura di lui», ha detto.
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