Nato in Italia ma poi riportato in Tunisia, e abbandonato dai genitori, è riuscito a ritornare a bordo di un barcone e, dopo aver visto il fratellino morire e subito ogni genere di violenza, si è nascosto in più zone della Sicilia, dormendo in macchine rubate e compiendo furti per sfamarsi e sopravvivere: a 14 anni la sua vita è già un lungo elenco di sofferenze, un peso difficile da sopportare, tanto che aveva deciso di farla finita lanciandosi da una struttura pericolante poco distante dal centro di accoglienza dove è stato affidato dal tribunale. Solo l’intervento di due poliziotti in servizio al commissariato di Castellammare del Golfo che, con pazienza e grande empatia, lo hanno raggiunto ed ascoltato per ore, lo hanno alla fine convinto a non lanciarsi dall’alta struttura pericolante. Il ragazzo nel pomeriggio di qualche giorno fa è salito all’ultimo piano della struttura per minori a Castellammare del Golfo, dove è stato mandato dal tribunale. Ha sfondato con un pugno la porta e raggiunto il terrazzo, chiuso perché conduce ad una struttura inagibile e pericolante, tramite una scala altrettanto pericolosa con soli due pioli. Da lì aveva deciso di lanciarsi rimanendo in bilico sul cornicione. Il personale della struttura ha subito chiesto aiuto con il pronto intervento di vigili del fuoco, polizia municipale e polizia di Stato. E sono stati proprio due poliziotti del locale commissariato guidato da Antonella Vivona a convincere il ragazzo a desistere: Francesco Villano e Antonio Dato- come raccontano i presenti che hanno assistito ai fatti- dopo avergli parlato a distanza senza alcun risultato, hanno raggiunto il ragazzo tramite la scala fatiscente, percorrendo a loro volta la struttura pericolante. Dopo l’inziale diffidenza del ragazzino si sono avvicinati sempre più. Cautamente gli hanno detto di rimanere fermo per qualche minuto e che lo avrebbe raggiunto solo per parlare. Uno di loro è riuscito a mettersi spalla a spalla con il giovane ed è rimasto ad ascoltarlo per ore, trovando il giusto canale di comunicazione, quello dell’immedesimazione. “Qualsiasi cosa hai fatto, sbagliando, puoi sempre recuperare e hai tutta la vita davanti. Puoi fare tante e belle cose. Non ce ne andiamo, aspettiamo che scendi con noi”. Il poliziotto fumava una sigaretta, raccontano i presenti, e si comportava come se conoscesse il ragazzino da sempre: lo trattava come un amico, lo ascoltava come un parente. E forse per questo alla fine il ragazzo si è aperto e fidato: è sceso dal cornicione con il poliziotto che gli ha fatto da angelo custode. Lo ha abbracciato poi è stato riaffidato alla struttura. Per una volta un lieto fine grazie all’umanità di chi fa della solidarietà, e dell’attenzione all’altro, il suo mestiere.