Trapani

Domenica 24 Novembre 2024

La fine di Messina Denaro, nella città del boss la famiglia chiusa in silenzio

Una veduta di Castelvetrano, la città dove Messina Denaro è nato e ha vissuto prima di darsi alla latitanza e dove vivono ancora i suoi familiari

A Castelvetrano, apparentemente, è stata una giornata come tutte le altre, anche se la notizia della morte del boss si era già diffusa di buon mattino. Il centro storico è accerchiato da scavi e cantieri e al primo piano del Municipio si riunisce il consiglio comunale per un dibattito sulla nuova Giunta. Le case delle sorelle di Messina Denaro sono a poche centinaia di metri l’una dall’altra: Bice vive in una palazzina di via Ruggero Settimo, Giovanna, invece, in via Piave. Per tutta la giornata le serrande dei due appartamenti sono rimaste chiuse. Ma qualcuno dentro c’è. «Ieri sera abbiamo visto qui parcheggiata la macchina della signora Giovanna», racconta un vicino di casa. Anche nell’altra abitazione, a poche decine di metri dalla scuola intitolata al piccolo Giuseppe Di Matteo, non si vede nessuno. Ma il portone a pian terreno resta sempre aperto. È qui che abitano, in due piani differenti, le altre sorelle del boss, Patrizia (in carcere) e Bice. Sono loro che si stanno prendendo cura della mamma anziana e ammalata, Lorenza Santangelo, tenendosi costantemente in contatto con la nipote del boss, l’avvocato Lorenza Guttadauro che sta seguendo a L’Aquila tutti gli aspetti burocratici legati al trasferimento della salma a Castelvetrano. Matteo Messina Denaro verrà tumulato in città. La salma è attesa nei prossimi giorni, ma non è escluso che le esequie - come avvenuto per Riina e Provenzano - verranno svolte in forma strettamente privata e in orari di chiusura al pubblico. Nel cimitero davanti alla cappella gentilizia dei Messina Denaro spicca una statua in marmo bianco che raffigura una donna angelicata: La scritta sul frontespizio recita "famiglia Francesco Messina Denaro", proprio a ricordare la figura del padre, anche lui latitante, la cui salma fu fatta trovare già composta nelle campagne di Castelvetrano nel novembre 1998. Il figlio del boss, invece, è deceduto da detenuto, dopo l’arresto avvenuto lo scorso 16 gennaio in una clinica di Palermo. Tra i primi a commentare la morte di Matteo Messina Denaro il sindaco di Castelvetrano Enzo Alfano: «Muore un uomo che ha fatto tanto male alla sua terra. Ci vorranno decenni ancora, prima che culturalmente si ponga fine a una mentalità, a una cultura, talvolta dilagante, di illegalità, di impunità, che lui e i suoi accoliti e altri prima di loro, hanno coltivato per troppo tempo. Mi auspico che si chiuda definitivamente un capitolo e un libro tristissimo per questo straordinario territorio, avvolto da una cappa soffocante che ha tenuto ben lontano tanti imprenditori seri e investimenti puliti». Giuseppe Cimarosa, parente del boss (la mamma Rosa Filardo è cugina di primo grado di Messina Denaro), da quando il padre Lorenzo, morto nel 2017, iniziò a collaborare con la giustizia ha interrotto qualsiasi rapporto con la famiglia Messina Denaro: «Mi dispiace che abbia vissuto così tanto tempo da uomo libero nel suo paese e così poco da uomo in prigione e in mano alla legge», dice il regista di teatro equestre. Più volte Giuseppe Cimarosa, che insieme ai suoi familiari è rimasto coraggiosamente a Castelvetrano rifiutando il programma di protezione, ha avuto parole di disprezzo nei confronti di Matteo Messina Denaro quando il boss era ancora latitante. E ora, dopo la sua morte, aggiunge: «Doveva vivere di più stando in carcere, per riflettere su ciò che ha fatto, sperando che un briciolo di umanità lo accarezzasse facendolo collaborare con la giustizia. Io vivo da uomo onesto e libero nella mia città, Castelvetrano, lui invece è morto da criminale in carcere. Per una volta la giustizia umana e quella divina si sovrappongono». A Campobello di Mazara, dove Matteo Messina Denaro ha trascorso gli ultimi anni di latitanza e dove vive il fratello, Salvatore, il sindaco del paese Giuseppe Castiglione, commenta così la morte del boss: «Ora si scrive la parola fine su colui che per 30 anni ha provocato ferite profondissime e mortali non soltanto nella nostra provincia. Ora lui è davanti alla giustizia divina».

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