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Condanna definitiva per bancarotta, in carcere il commercialista di Castelvetrano Carmelo Savalle

Sentenza della Cassazione che conferma la pena di sei anni. Il provvedimento eseguito dai carabinieri di Trapani

Arriva la condanna definitiva a sei anni e finisce in carcere per bancarotta il commercialista di Castelvetrano, Carmelo Savalle di 56anni. Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri di Trapani in esecuzione di una sentenza della Cassazione. La bancarotta è relativa alla società che gestiva uno studio commercialistico, «Studio Savalle», con sede a Castelvetrano, e del quale il commercialista era legale rappresentante.

La condanna per bancarotta, la cui prima pronuncia risale al 2018 (processo col rito abbreviato dinanzi al gip del tribunale di Palermo), per fatti contestati a partire dal 2010, riguarderebbe anche il fallimento della Mediterranea spa, la società che diede vita al resort Kempinsky, e che avrebbe lasciato un buco di oltre 40 milioni di euro e della quale Carmelo Savalle fu dapprima vicepresidente e poi amministratore delegato.
Il commercialista, esponente di spicco della borghesia belicina, è fratello di Giovanni: i loro nomi sono legati proprio alla realizzazione del resort a Mazara del Vallo, «I Giardini di Costanza», per un lungo periodo inserito nella catena alberghiera di lusso Kempinsky.

Nel tempo sui fratelli Savalle, e sui loro ambiti familiari, si sono susseguiti sospetti di collusione con la cosiddetta «zona grigia» di cosa nostra. Ipotesi di accusa che portarono ad alcune indagini e sequestri a cominciare dal 2012, coordinate dalle Procure di Marsala e da quella distrettuale antimafia di Palermo e condotte dai Ros dei carabinieri e dal Gico della Guardia di Finanza.
Il nome Savalle fu coinvolto in un’inchiesta per truffa, per una presunta cresta che sarebbe stata condotta su finanziamenti pubblici, poi ci fu il sequestro di beni per 60 milioni di euro nell’ambito di una indagine antimafia, sequestro che non fu confermato, con i giudici del Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani che misero nero su bianco «l’inesistenza di contatti, di intraneità o vicinanza, tra il gruppo Savalle e la mafia facente capo all’allora latitante Matteo Messina Denaro».

Il nome di Carmelo Savalle fu sottolineato per essere stato legato ad un imprenditore vicinissimo alla mafia, Rosario Cascio: erano soci nella Atlas Cementi, mentre Giovanni Savalle veniva citato nei verbali di alcuni collaboratori di giustizia e in indagini sull’espansione del potere mafioso sino in Calabria. Ipotesi di collusione che però sono cadute, il Tribunale delle misure di prevenzione escluse anche per Giovanni Savalle l’ipotesi della pericolosità sociale, il decreto intanto è diventato definitivo dopo che nemmeno la Procura di Palermo ha proposto appello.

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