La riteneva la causa delle frizioni che avrebbero portato la figlia a lasciare la sua casa. E per questo avrebbe pensato di eliminarla. L’ultimo segreto di Matteo Messina Denaro è accennato in tre righe dai giudici del Riesame che hanno detto no alla scarcerazione della compagna del boss, la maestra Laura Bonafede, in cella dal 13 aprile per il favoreggiamento dell’ex latitante. Nel motivare la loro decisione i magistrati raccontano una notizia assolutamente inedita: il padrino di Castelvetrano aveva deciso di uccidere la nonna della figlia naturale, perché riteneva che dietro i contrasti tra la ragazza e la sua famiglia ci fosse proprio lei. La vittima designata, Filippina Polizzi, però fu risparmiata. Il collegio non spiega perchèé e forse neppure lo sa, ma svela il piano di morte decifrando un messaggio del 15 dicembre del 2022 tra l’allora latitante e la Bonafede.
La riteneva l'artefice delle frizioni familiari
«La Bonafede lasciava intendere - scrivono i magistrati del Riesame - che questi (Messina Denaro ndr) avesse manifestato il proprio intento omicidiario ai danni di Filippina Polizzi, madre di Franca Alagna e ritenuta la vera artefice delle frizioni familiari». Nel biglietto citato dai giudici, riferendosi a una precedente comunicazione con il capomafia, la maestra dice: «al punto 35 mi dici che porterai Quella a salutare Uomo», dove «quella» è la Polizzi e «Uomo» è il boss Leonardo Bonafede, padre della maestra morto anni fa. Una frase nemmeno tanto sibillina che lascia intendere l’intenzione di Messina Denaro. Proprio in seguito ai contrasti con la famiglia del padre naturale la figlia del boss Lorenza Alagna, lasciò infatti la casa del padrino in cui aveva abitato con la madre Franca. Una decisione che l’allora latitante non ha mai perdonato alla figlia come emerge dai tanti pizzini scritti dal boss molto critico nei confronti di Lorenza.
La riconciliazione col padre
Solo dopo l’arresto del capomafia i due avrebbero riallacciato i rapporti: la ragazza per due volte è andata a trovare il padre nel supercarcere de L’Aquila. Ma nel lungo provvedimento dei giudici palermitani, che accolgono in pieno le ricostruzioni della Procura, rigettando l’istanza di scarcerazione della maestra, non c’è solo la storia del delitto incompiuto. I giudici infatti dedicano pagine al ruolo della Bonafede, che col boss, avrebbe trascorso lunghi periodo di convivenza. «Ha contribuito in modo fattivo al mantenimento in vita della peculiare rete di comunicazione di Matteo Messina Denaro, affidando la consegna dei propri scritti ai ‘tramitì, ideando ella stessa nuovi nomi in codice con cui fare riferimento a terzi soggetti o servendosi di nomi già pensati da boss e distruggendo i messaggi da lui ricevuti in vantaggio dell’ex latitante», scrive il tribunale.