Dopo otto mesi di indagini i carabinieri del nucleo operativo di Trapani hanno individuato e arrestato con l’accusa di abbandono e di tentato omicidio in concorso, i genitori del neonato abbandonato a Paceco lo scorso mese di ottobre. Si tratta di un giovane di 19 anni e di una ragazza di 16, entrambi residenti nella zona del centro storico di Trapani. Il maggiorenne è stato trasferito presso la casa circondariale Pietro Cerulli di Trapani. La minore, invece, è stata trasferita a Roma in una struttura protetta. Il piccolo era stato ritrovato in contrada Sciarrotta nelle campagne di Paceco. A dare l'allarme era stato un contadino di ritorno dai campi. Il neonato era in un sacchetto di plastica ed aveva ancora il cordone ombelicale attaccato. Era abbandonato in una strada sterrata, nei pressi di una palestra abbandonata. Una zona poco transitata. Il piccolo venne chiamato Francesco, il nome del primo carabiniere che lo prese in braccio. Inoltre, venne ritrovato il giorno di san Francesco. Attraverso indagini assai complesse i militari dell'Arma sono riusciti a risalire ai genitori. Le indagini sono coordinate dalla procura dei minori di Palermo e dalla procura di Trapani, ognuno per le proprie competenze. È stata un’indagine delicata proprio per i protagonisti della vicenda, a partire dal neonato ai giovanissimi genitori. La notizia scosse l’intera comunità della provincia trapanese, suscitando scalpore a livello nazionale. A ritrovare il piccolo, avvolto in una coperta, erano stati i proprietari di un terreno poco distante dal luogo dell’abbandono, attratti dai vagiti del bimbo. Da quel momento, i carabinieri di Trapani, coordinati dalle competenti autorità giudiziarie, hanno dedicato ogni energia per risalire agli autori dell’abbandono e del tentato omicidio. L’indagine è stata scrupolosa, sono state visionate ore e ore di immagini dei sistemi di video sorveglianza, sono stati ascoltati i residenti della zona, i proprietari dei veicoli transitati in quell’area, sono stati svolti accertamenti presso ospedali, pronto soccorso, consultori provinciali, medici di base, guardie mediche, nonché presso gli istituti scolastici della provincia per acquisire ogni possibile elemento utile alle indagini. Il paziente lavoro degli inquirenti ha consentito così di stringere il cerchio attorno ai due presunti genitori. In particolare, le attenzioni si sono concentrate inizialmente su una minore che già da diversi giorni non frequentava le lezioni e, attraverso una complessa attività investigativa è stato possibile raccogliere gravi elementi indiziari a carico della giovane. La conferma dell’ipotesi investigativa si è avuta poi dall’esame del dna svolto dai carabinieri del Ris di Messina che ha dato esito positivo. Quello estratto dalla placenta e quello acquisito dai campioni biologici della giovane erano perfettamente sovrapponibili, con una probabilità che i carabinieri del Ris definiscono “di un milione di miliardi rispetto l’opzione contraria”.