«Tra i giovani di Campobello di Mazara c'è ancora tanto da fare, bisogna scardinare il pensare mafioso e, soprattutto, fare cambiare l'idea che la mafia fa anche cose buone». Lo ha detto Salvatore Inguì, responsabile provinciale a Trapani di Libera, il movimento guidato da don Luigi Ciotti. Stamattina Inguì è intervenuto al dibattito La memoria e l’impegno, organizzato presso l’istituto per geometri Accardì di Campobello di Mazara. Pochi giorni fa ha incontrato anche alcuni alunni dell’Istituto comprensivo San Giovanni Bosco-Pirandello: «In quell'occasione da qualche studente di scuola media mi sono sentito dire: “Matteo Messina Denaro aiutava le persone, il boss latitante ha fatto aprire tanti negozi qui a Campobello e a Castelvetrano, il boss non è cattivo, ma oramai gli avete fatto la fama”. Frasi sconcertanti che interrogano su cosa e come fare». Inguì ha aggiunto: «Temo che per qualcuno le iniziative commemorative siano il tentativo di farsi una verginità, per altri, invece, è l'occasione di riscattarsi contro il comune pensiero distorto che tutti siamo gli stessi». Al dibatti è intervenuto anche l'avvocato Giovanni Chinnici, figlio del giudice Rocco Chinnici, ucciso a Palermo dalla mafia il 29 luglio 1983. «Mio padre - ha detto - continua a essere una guida per me sul lavoro. Ogni volta che devo prendere una decisione penso a ciò che lui avrebbe fatto». Il paese del Trapanese è stato il luogo dove, almeno negli ultimi anni sua latitanza, ha vissuto il boss Matteo Messina Denaro. Rispondendo alla domanda di uno studente, l’avvocato Chinnici ha raccontato come è cambiata la sua vita dopo la morte del padre: «Nella nostra famiglia è venuta meno una colonna portante - ha detto - ma il suo esempio di uomo dello Stato ha consentito a tutti noi figli di farci una vita. Quando mio papà venne ucciso, io ero già iscritto a Giurisprudenza, continuai gli studi con particolare interesse verso il diritto delle aziende, scelta che avevo già preso prima della morte di papà».