Oggi interrogatorio di garanzia, nel carcere Pagliarelli di Palermo, della sorella del capomafia Matteo Messina Denaro, Rosalia, accusata di associazione mafiosa e arrestata venerdì scorso nella casa di famiglia di Castelvetrano. Per i magistrati negli ultimi decenni la 68enne era stata incaricata dal capomafia, catturato dal Ros il 16 gennaio, di molteplici compiti, compresi quelli di «paziente tessitrice» dei conflitti tra i parenti, di «riservata veicolatrice delle decisioni del latitante» su questioni di carattere familiare, nonchè di vera e propria cassiera, incaricata dal fratello di ricevere ingenti somme di denaro, di custodirle, rendicontarle e all’occorrenza distribuirle. E, infine, di canale di smistamento dei pizzini tra il latitante e altri associati mafiosi». Di più. Per il gip di Palermo, Alfredo Montalto, già il fatto di appartenere a Cosa nostra «è sintomo di per sè di una personalità particolarmente pericolosa e tendente al crimine». Nel caso Rosalia Messina Denaro, «Fragolone» come l’indicava il boss di Castelvetrano nei suoi pizzini per impedirne l’identificazione, «l’essere stata la donna che ha gestito al più alto livello i rapporti con il capo mafia rende evidente il pericolo che l’intera associazione, dopo l’arresto del fratello, possa individuare in lei la nuova mente strategica dell’organizzazione». Senza considerare poi, avverte nel ribadire l’esigenza della misura cautelare, «che i flussi di denaro da ella gestiti sono ancora tutti in circolazione o custoditi in luoghi sicuri», così «se lasciata in libertà, la donna ben potrebbe compiere altri delitti finalizzati al controllo economico del territorio o a reinvestimenti illeciti o più in generale prosegua nell’attività criminale in Cosa nostra o per conto di Cosa nostra».