«Con le persone che ho ammazzato io potrei fare un cimitero». È il ritratto di un boss sanguinario, determinato, senza scrupoli quello che emerge dalle lettere scritte durante i suoi trent'anni di latitanza da Matteo Messina Denaro. Decine e decine di «pizzini», sequestrati dagli investigatori, attraverso i quali il superlatitante impartisce ordini ai suoi fedelissimi, scrive agli altri capi di Cosa Nostra come Bernardo Provenzano per stabilire i nuovi assetti dell’organizzazione o per pianificare omicidi e vendette, tiene i contatti con i suoi familiari, chiedendo notizie sugli affetti più cari con i quali non può incontrarsi. E ancora, lettere d’amore inviate alle sue amanti, dalle quali emerge perfino la passione per i videogiochi nel suo «tempo libero». Insomma, la vita quotidiana del boss raccontata attraverso scritti di suo pugno. Le difficoltà di un uomo perennemente in fuga, sono testimoniate dalle discussioni familiari. «Devi dire a tuo fratello che ha una figlia che a dicembre ha compiuto 11 anni e che è arrivato il momento che qualcosa pure a lei la scriva, perché adesso la ragazzina inizia a fare domande sul padre e lui non può continuare a ignorarla come ha sempre fatto, dimenticandosi anche del compleanno della figlia». Il fratello tenta di trovare scuse alle mancanze di Matteo: «Si vede che nel posto in cui si trova non può scrivere, non può mandare nulla». Del resto, è lui stesso a difendere le sue scelte, in un’altra missiva nella quale rivendica per sé perfino il ruolo di difensore di una «giusta causa». «Devo andare via e non posso spiegarti ora le ragioni di questa scelta. In questo momento le cose depongono contro di me. Sto combattendo per una causa che oggi non può essere capita. Ma un giorno si saprà chi stava dalla parte della ragione...». Nella corrispondenza sequestrata in casa di Filippo Guttadauro, cognato e ufficiale di collegamento tra il boss latitante e il suo mondo, ci sono anche le appassionate lettere d’amore inviate a Matteo da una delle donne alle quali è stato legato sentimentalmente, Maria Mesi: «Ti amo e ti amerò per tutta la vita. Dal profondo del mio cuore ti amo, ti mando tantissimi baci. Tua per sempre». E un’altra missiva, inviata questa volta dal boss alla donna, svela invece una passione inedita del boss, quella per i videogiochi: «Desidero tanto farti un regalo. Sai, ho letto che è uscita la cassetta di Donkey Kong 3 e non vedo l’ora che sia in commercio per comprartela. Quella del Secret of Mana 2, ancora non è arrivata...». Numerosi «pizzini» scritti da Matteo Messina Denaro sono stati trovati dagli investigatori nel covo di Bernardo Provenzano, in occasione dell’arresto del padrino avvenuto l’11 aprile del 2006 in una masseria del corleonese. «Io di ciò non dissi mai niente a lei perché capivo che si poteva solo mortificare della cosa e quindi ho preferito far morire il discorso. Ora glielo sto dicendo perché è lei stesso a chiedermelo... questo figlio del suo paesano morto sa di aver rubato soldi non suoi e di sicuro si è divertito a Roma, quello che non sa è che quei soldi erano destinati a famiglie di detenuti che hanno bisogno... Ripeto se lei non mi chiedeva non le avrei detto nulla, a volte certe cose è meglio non saperle, così si evitano delusioni e dispiaceri ed erano questi che io all’epoca ho voluto evitare a lei». Nonostante il tono deferente con il quale si rivolge al capo di Cosa Nostra, i «pizzini» dimostrano lo stretto rapporto tra i due boss mafiosi. E proprio la circostanza del loro sequestro e il fatto che Provenzano non li avesse distrutti, avrebbero fatto infuriare Matteo Messina Denaro, divenuto frattanto per lo Stato il ricercato numero uno di Cosa Nostra.