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Marsala, Piscitello: «Nella lotta alla mafia c’è un calo di tensione rispetto al dopo stragi»

Il magistrato Roberto Piscitello

«Dopo le stragi mafiose di trent'anni fa e negli anni immediatamente successivi, c'era una sensazione di riscatto sociale. Erano le stragi che la letteratura dipingeva come il peggiore affare di Cosa nostra. Oggi, di tutto quello c'è qualcosa di meno, anche se c'è più consapevolezza del fenomeno mafioso». L’ha detto il procuratore della repubblica «facente funzioni» di Marsala, Roberto Piscitello, nel corso della presentazione, alle Cantine Donnafugata, del libro di Giacomo Di Girolamo, «Matteo va alla Guerra» (Zolfo editore).

Un testo che cerca di scavare in profondità e di raccontare gli avvenimenti che portarono, sotto la leadership del boss latitante Messina Denaro (il Matteo del titolo) alle stragi mafiose del 1992/93. Poi, il magistrato, citando Leonardo Sciascia e anche «Il Gattopardo», nella parte del dialogo tra il principe Fabrizio Salina e Chevalley, che gli offriva un posto di senatore del nuovo regno d’Italia, ha parlato del concetto di «irredimibilità della nostra terra. In questi anni in cui s'è preso consapevolezza della mafia, tanto è stato fatto. Però, la risposta giudiziaria al fenomeno è stata un’avanguardia rispetto alla società civile. Credo che la mafia abbia perso, soprattutto in provincia di Trapani, dove tanti latitanti sono stati catturati. Ma credo che la mafia non si possa sconfiggere solo con polizia, carabinieri, guardia di finanza e magistratura. Bisogna superarla con i comportamenti quotidiani delle persone che svolgono i mestieri più vari».

«Occorre considerare - ha concluso - che la mafia è un reato a partecipazione necessaria. Necessita, infatti, della compartecipazione culturale della vittima. La mafia finirà quando non avrà più niente da spremere. Almeno a queste latitudini. Credo, comunque, che sia finita l’epoca delle stragi e degli attentati. I depistaggi non ci devono sorprendere. Ma oggi alta è la professionalità delle forze dell’ordine, che con magistrati, avvocati e anche giornalisti lottano contro il fenomeno mafioso».

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