«A proposito del servizio andato in onda il 12 agosto sul TG1 delle 20, si deve sottolineare che tutto nasce da un lavoro collettivo di ricerca, analisi e scrittura che porterà alla pubblicazione di un libro sulla storia di Rita Atria la giovane testimone di giustizia che collaborò col giudice Paolo Borsellino. Una storia crudele che vede al centro una minorenne privata della sua fanciullezza». Lo affermano la testata giornalistica Le Siciliane e l’Associazione Antimafie Rita Atria, che hanno scoperto e recuperato una cassetta con la voce del latitante Matteo Messina Denaro negli archivi del tribunale di Marsala.
Si tratta dell’udienza di un processo del 18 marzo del 1993. Il documento è stato presentato in esclusiva dal Tg1. All’epoca della registrazione Matteo Messina Denaro aveva 31 anni e soli due mesi e mezzo dopo sarebbe diventato latitante. Per 28 anni l’audio con la sua voce è rimasto in una cassetta dell’archivio del tribunale senza che nessuno se ne accorgesse. Si tratta della testimonianza di Messina Denaro per un omicidio di mafia avvenuto nel Trapanese nell’ambito del processo «Accardo Giuseppe +30». All’inizio della registrazione si sente il latitante indicare le proprie generalità. L’audio di circa 30 minuti termina con il giudice che dice a Messina Denaro che può andare e lui risponde: «Grazie a lei, buongiorno».
«In questi anni, abbiamo raccontato e ricordato Rita Atria - aggiungono Le siciliane e l’Associazione Antimafie Rita Atria - attraversando non solo l’aspetto emotivo, ma soprattutto studiando e cercando di superare le delusioni, le paure e i tradimenti. La non fiducia nei nostri confronti, rappresentanti di una antimafia poco istituzionale, una antimafia spettinata, come ci disse qualcuno che ci è molto vicino. Da parecchi anni abbiamo deciso insieme di non affidarci più alla narrativa fin qui offerta da diversi libri e di scrivere un libro sulla vera, scomoda storia della ragazzina di Partanna». Da allora le ricerche. «Siamo entrati - scrivono ancora - negli archivi angusti e polverosi (poco frequentati) delle procure e abbiamo iniziato a leggere, ricostruire. Quella di Partanna negli anni ’80 e ’ 90 era una mafia importante, feroce crudele e molto vicina alla mafia che contava, decideva, uccideva. Condizionava. Una mafia sottovalutata e messa sempre ai margini nei racconti delle grandi testate. Nelle testimonianze altolocate. Un contesto che avvalora ulteriormente il coraggio di Rita Atria. Ma anche di Piera Aiello e qualcun’altra che decise testimoniare».
Il libro suggellerà il trentesimo anniversario della morte della ragazza di Partanna e «nasce dall’esigenza - si legge nella nota - dopo quasi trenta anni di memoria attiva e lotte per onorarne la memoria dalla voglia di raccontare il vero contesto storico d Partanna negli anni in cui Rita lì è vissuta, respirandone gli odori mafiosi e del malaffare». Concludono Le siciliane e l’Associazione Antimafie Rita Atria: «Un grazie immenso al Tribunale e alla procura di Marsala, grazie a tutti, dalla presidente del tribunale al procuratore; funzionarie e funzionari, direttrici e direttori, dipendenti tutti, senza il loro lavoro di accoglienza, cura e ricerca non avremmo raggiunto questi risultati. Quei faldoni avrebbero scoraggiato chiunque. Quelle cassette audio così datate soprattutto dal punto di vista della tecnologia, così delicate e precarie non avrebbero preso consistenza, ma dietro la cura di ogni singolo millimetro alla fine anche i nastri hanno deciso di sbloccarsi e tornare a girare».
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