È in navigazione verso Mazara del Vallo il peschereccio «Aliseo», con sette uomini d’equipaggio, il cui comandante Giuseppe Giacalone è rimasto ferito dai colpi d’arma da fuoco sparati ieri da una motovedetta militare libica.
L’assalto è avvenuto a 35 miglia a nord della costa di Al Khums, «all’interno della Zona di protezione di pesca nelle acque della tripolitana» come ha comunicato la Marina Militare intervenuta sul posto in soccorso con la fregata Libeccio. Un tratto di mare definito «ad alto rischio» dalle nostre autorità. L’arrivo dell’unità militare italiana ha convinto i militari libici a rilasciare l’imbarcazione che ha subito fatto rotta verso Mazara del Vallo.
Il peschereccio sta navigando alla velocità di circa 9-10 nodi all’ora; l’arrivo in porto è previsto per l’alba di domani. Le condizioni del comandante Giacalone, ferito lievemente anche alla testa da alcune schegge del vetro della cabina e medicato a bordo dai militari italiani, non destano preoccupazioni.
«Sto bene, non preoccuparti». Una telefonata di pochi minuti per rassicurare il figlio e confermare che presto sarà a Mazara del Vallo con tutto il suo equipaggio. È arrivata a tarda notte la telefonata che il giovane armatore Alessandro Giacalone aspettava da ore. Solo
dopo le 23 ha avuto la possibilità di sentire suo padre Giuseppe, il comandante del peschereccio Aliseo rimasto ferito al braccio e alla testa ieri per i colpi d’arma da fuoco sparati da una motovedetta della Guardia Costiera libica.
«Sono stati pochissimi minuti trascorsi al telefono satellitare di bordo, durante i quali, dalla voce di mio papà, ho potuto constatare che stava bene e che era rimasto ferito solo lievemente», dice il figlio all’ANSA. A soccorrerlo a bordo sono saliti i medici militari della fregata Libeccio della Marina Militare. «Mio papà mi ha riferito che i colpi d’arma da fuoco sono stati sparati ad altezza d’uomo - spiega Alessandro Giacalone - e la prova è il fatto che alcuni vetri della cabina di comando sono andati in frantumi. I cocci lo hanno colpito alla testa, mentre un proiettile lo ha ferito di striscio a un braccio».
«Siamo vivi per miracolo, ci hanno sparato a pallettoni, qui la cabina è piena di buchi». Giuseppe Giacalone risponde via radio mentre è in navigazione in direzione di Mazara del Vallo. Il motopesca 'Aliseo' arriverà in porto domattina presto. Si emoziona quando ripensa al fatto che lui è un «miracolato, perché soltanto Dio ci ha aiutato». Davanti agli occhi i momenti terribili vissuti ieri: «Erano le 14 quando tutto è successo - racconta - mentre eravamo in navigazione verso Nord-est ci ha raggiunto una motovedetta libica e ha iniziato a sparare. I colpi ci hanno raggiunto e i vetri della plancia sono andati in frantumi».
«È assurdo che i pescatori siciliani debbano correre il rischio, persino, di perdere la vita andando nel Mare Mediterraneo per portare un pezzo di pane a casa. È assurdo che il governo italiano non abbia ancora avvertito la necessità di chiudere questa partita con il governo della Libia, una partita aperta da oltre cinquant'anni. È assurdo che si debba continuare a penalizzare un’economia, nel Sud Italia, sul banco di interessi molto più grandi, spesso inconfessabili». Lo ribadisce il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci.
«Il Mediterraneo deve essere il mare di tutti. Un mare sicuro, dove pescare in pace. Non un mare di paura dove è possibile, invece, perdere la vita. Per questo chiediamo una forte presa di posizione da parte delle istituzioni che, adesso, devono sedersi attorno a un tavolo per dialogare con la Libia e stabilire il vero utilizzo di questo tratto di mare».
Così Claudio Barone e Tommaso Maccadino, segretari della Uil e Uila Pesca Sicilia che, in attesa del rientro del comandante Giuseppe Giacalone (domani nel tardo pomeriggio ndr) e del suo equipaggio di Mazara del Vallo, vittima di un assalto armato in cui è rimasto ferito, aggiungono: «È necessario stabilire delle regole. Quel mare non è dei libici, non è mai stato ratificato alcun accordo. La politica, adesso, deve fare la sua parte e tutelare i pescatori siciliani. Si stringono con quel Paese accordi di ogni tipo: dai migranti alle strade e sino ai trasporti. Poi, però, di spara ai mazaresi. Adesso basta. Non possiamo aspettare il morto».
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