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Scala dei Turchi contesa tra Comune di Realmonte e un privato, i periti del gip: "Non è pubblica"

Scala dei Turchi, Realmonte (AG)

La Scala dei Turchi, scogliera di marna in Sicilia e famosa in tutto il mondo non è pubblica. E’ uno schiaffo all’inerzia delle amministrazioni pubbliche, che non hanno mai acquisito il bene, la perizia collegiale eseguita sulla scogliera di marna che si trova nell’agrigentino ed è famosa in tutto il mondo.

"Appare evidente che, ad esclusione delle recenti attività del demanio marittimo, le amministrazioni pubbliche non hanno messo in atto azioni volte all’acquisizione dei beni o alla dichiarazione di pubblica utilità che comunque appare necessaria per l’acquisizione al demanio dei beni culturali, storici e paesaggistici seppur in più occasioni e univocamente hanno ribadito la volontà di preservare il bene attraverso l’apposizione di una serie di vincoli", afferma la perizia, eseguita, per conto del gip di Agrigento Luisa Turco, dall’ingegnere Gabriele Freni, docente dell’Università di Enna Kore e dal geologo Pasquale Massimiliano Mastrosimone.

La Scala dei turchi è da anni contesa dal Comune di Realmonte e da un privato, e la procura di Agrigento, guidata da Luigi Patronaggio era stata chiamata a decidere la titolarità del bene. Conclusi i sopralluoghi e l’esame della documentazione, i periti hanno riferito in aula gli esiti della loro relazione, composta da 57 pagine, nel corso dell’incidente probatorio, rispondendo al gip, al pm Gloria Andreoli e agli avvocati Giuseppe Scozzari e Salvatore Palillo, difensori dell’unico indagato.

La Procura, il 27 febbraio dello scorso, anno aveva disposto il sequestro urgente del bene. Una persona, allora, era stata iscritta nel registro degli indagati. Si tratta di Ferdinando Sciabarrà, 73 anni, che sostiene di essere il proprietario della scogliera di marna.

La Procura gli contesta i reati di occupazione di demanio pubblico, invasione di area demaniale, "omesso collocamento di cartelli di pericolo", violazione del codice dei beni culturali e danneggiamento al patrimonio archeologico. Gli accertamenti hanno fatto luce su tanti aspetti. Per quanto riguarda la proprietà, il ragionamento in sintesi è che, per una delle tre particelle, la riconducibilità a Sciabarrà sia provata da atti pubblici. Sulle altre due, "seppur non si riscontra un atto dirimente in merito alla proprietà, appare evidente che Sciabarrà ne vanta il possesso da diversi decenni".

Periodo durante il quale le amministrazioni pubbliche 2non hanno messo in atto - scrivono i periti - azioni volte all’acquisizione dei beni" e, di conseguenza, neppure le altre due particelle sono pubbliche. Su un altro fronte, i periti sono stati chiamati a fare luce sulle attuali condizioni della scogliera e del percorso di accesso anche alla luce del fatto che all’indagato si contesta di averne provocato il deterioramento.

"I sopralluoghi compiuti - scrivono sempre i periti nella loro relazione - hanno permesso di accertare come tale luogo abbia subito delle violenze inaudite dai visitatori che, spesso, hanno lasciato dei segni indelebili sulla porzione fruibile in periodi anteriori al sequestro".

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