Il Tribunale di Marsala ha assolto l’imprenditore Matteo Tamburello dall’accusa di associazione mafiosa 'perchè il fatto non sussiste', condannandolo a due anni e sei mesi per aver violato la sorveglianza speciale. Alla lettura del provvedimento l’uomo, già in passato condannato per mafia ed arrestato l’11 dicembre 2018 dai carabinieri del Ros, è stato scarcerato dalla carcerazione preventiva e sottoposto all’obbligo di dimora.
Secondo i pm della Dda di Palermo, Matteo Tamburello, rientrato in libertà nel 2015 dopo una condanna per mafia, aveva ripreso le redini della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, tanto da diventarne il reggente. Per lui il sostituto procuratore Pierangelo Padova aveva chiesto la condanna a vent'anni di carcere, rigettata dal collegio giudicante presieduto dal giudice Lorenzo Chiaramonte, che ha, invece, riconosciuto la violazione della sorveglianza speciale, riscontrata da foto e rilevazioni del gps.
«Le dimissioni da Cosa Nostra non sono mai state contemplate, si esce con la morte o se si inizia a collaborare con la giustizia - aveva detto il pm Padova durante la requisitoria - quindi ritrovare Tamburello negli stessi ambienti che frequentava prima dell’arresto che portò alla sua condanna, ci dimostra il suo ritorno operativo sul territorio».
Nel corso della requisitoria il pm aveva tracciato i presunti rapporti con alcuni esponenti mafiosi del territorio, come Vito Gondola, detto 'Coffa', ex autista di Totò Riina, capo del mandamento di Mazara del Vallo, pizzinaro a disposizione di Matteo Messina Denaro, arrestato nell’agosto 2015 nel blitz Ermes e morto in carcere per cause naturali nel luglio 2017. Durante la fase finale del processo è stata ascoltata perfino ascoltata un’intercettazione, in cui Tamburello avrebbe riferito il nome di 'Vito Coffà, ma da due perizie disposte dal legale dell’imputato, l’avvocato Luigi Pipitone, è emerso che il nome pronunciato da Tamburello era quello di un suo ex dipendente.
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