Per "cooperazione" in omicidio colposo, il gup di Palermo Walter Turturici ha rinviato a giudizio otto medici che all’epoca dei fatti (fine marzo 2017) erano in servizio negli ospedali di Marsala e Trapani. Secondo l'accusa, non avrebbero diagnosticato in tempo e tempestivamente curato un ascesso dentario, sfociato in una letale infezione, che il 10 aprile 2017 provocò la morte di Massimiliano Pace, 48 anni, di Marsala. Il decesso avvenne all’ospedale Civico di Palermo, dove l’uomo arrivò in condizioni ormai disperate.
Ad essere processati, davanti il giudice monocratico del Tribunale di Palermo (prima udienza: 7 aprile 2021), saranno i medici Salvatore Pedone, di 55 anni, Stefania Maltese, di 40, Vincenzo Maniscalco, di 53, Rosanna Di Legami, di 52, tutti dell’ospedale "Paolo Borsellino" di Marsala (i primi tre al Pronto soccorso, la quarta è otorinolaringoiatra), Eugenio Maurizio Serraino, di 57, Carlo Gianformaggio, di 68, Alessio Di Felice, di 48, e Manuela Calò, di 47, dell’Unità di Otorinolaringoiatria del Sant'Antonio Abate di Trapani. Un altro medico dell’ospedale trapanese, Vincenzo Patera, di 67 anni, è stato prosciolto su richiesta dello stesso pubblico ministero in quanto non in servizio nel periodo di degenza di Pace.
Parti offese nel procedimento penale sono Gianluca Pace, fratello minore di Massimiliano Pace, che sporse la denuncia-querela lo stesso giorno della morte del familiare, la madre Caterina Rita Pellegrino e la moglie Maddalena Marino. Secondo l’accusa, gli otto medici, quando Massimiliano Pace si recò in ospedale (il 24, il 26 e il 28 marzo 2017 a Marsala, e nella tarda serata del 28 marzo a Trapani), avrebbero causato la morte del paziente «per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia». Sia a Marsala, che a Trapani, avrebbero "sottostimato" i dati clinici del paziente, le cui condizioni andavano sempre più aggravandosi. E non avrebbero proceduto tempestivamente al drenaggio chirurgico dell’ascesso, né prescritto una cura con antibiotici.
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