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Mafia, processo all'ex sindaco di Castelvetrano: "Vaccarino uomo di fiducia di Messina Denaro"

«Vaccarino aveva conquistato la fiducia di Messina Denaro». Lo ha detto il colonnello Giuseppe De Donno interrogato in audio conferenza a Marsala, nel processo in cui è imputato l’ex sindaco di Castelvetrano Tonino Vaccarino, che tra il 2004 e il 2006 intrattenne una corrispondenza con Messina Denaro, sotto la copertura del Sisde.

Per il latitante, che si firmava Alessio, l’ex primo cittadino era stato ribattezzato Svetonio. «Attraverso Vaccarino non volevamo soltanto catturare Matteo Messina Denaro, ma era nostro interesse indagare anche sulla latitanza di Bernardo Provenzano e soprattutto ricostruire tutti i canali di riciclaggio su cui potevano contare all’estero», ha detto De Donno. Circostanza che era stata confermata anche dall’ex direttore del Sisde, Mario Mori, ascoltato nella scorsa udienza dai giudici di Marsala (collegio presieduto dal giudice Marcello Saladino).

La collaborazione di Vaccarino divenne nota proprio in seguito all’arresto di Provenzano, avvenuta nell’aprile 2006 a Montagna dei Cavalli. Nel covo di Provenzano furono sequestrati i pizzini inviati da Messina Denaro, in cui parlava di Vaccarino, indicandolo come Vac. «Non è facile entrare in contatto con un latitante del genere, anche perchè lui stesso prima di rispondere si consultava con Provenzano, come è emerso dai pizzini trovati nella sua masseria», ha aggiunto il colonnello in passato in servizio al Ros.

«Potevamo prendere Messina Denaro? Non so dire, ma tre giorni prima che Provenzano fosse arrestato, Vaccarino incontrò un suo nipote e questo ci lasciava sperare per l’arresto di entrambi». «Sin dal primo momento fu informata la Procura, ma non riferimmo mai il nome della fonte Vaccarino al dottor Grasso (Piero, all’epoca a capo della Procura nazionale Antimafia dopo aver coordinato la Procura di Palermo), ma dopo l’arresto di Provenzano ci disse di consegnare tutto alla polizia, credo che Grasso si interfacciasse con il dottore Giuseppe Pignatone (reggente della Procura dopo la nomina di Grasso ai vertici dell’Antimafia ndr)».

In seguito al ritrovamento dei pizzini Vaccarino finì indagato dalla Dda di Palermo, ma poi fu chiesta l’archiviazione straordinariamente controfirmata da tutti gli aggiunti e i sostituti, oltre che dal procuratore capo Francesco Messineo, che da poco si era insediato. Durante il suo interrogatorio De Donno ha riferito anche che

«Messina Denaro stava iniziando ad aprirsi e questo ci faceva pensare a una cattura, tanto che aveva segnalato l’imprenditore a cui dovevamo fare riferimento, che è tale Rosario Cascio, poi arrestato negli anni seguenti». Alle domande dei pm della Dda di Palermo (in aula i sostituti procuratori Francesca Dessì e Pierangelo Padova) il colonnello ha precisato che «in piu di un’occasione abbiamo valutato la credibilità della fonte Vaccarino, prima di iniziare la corrispondenza ci sono stati degli incontri e poi ci siamo fidati. Ad ogni scambio di pizzini ci limitavamo a segnalare chi li riceveva o li consegnava, ma non abbiamo risalito l’intera filiera per non rischiare di far saltare tutto». (AGI)

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