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Corruzione per il parcheggio di Segesta: "Dietro ai progetti c'era Vito Nicastri"

Favori, politica e suggestioni mafiose nel territorio del latitante Matteo Messina Denaro, attorno all’inchiesta per corruzione sulla gestione del parcheggio a servizio del parco archeologico di Segesta, con l’arresto dell’ex vicecomandante della polizia municipale e di un imprenditore edile. Il successo del parcheggio del costruttore Francesco Isca scaturiva dalla chiusura di un’altra area di proprietà di un altro imprenditore. Quest'ultimo, nel dicembre 2018 denunciò tutto ai pm di Trapani (procuratore capo Alfredo Morvillo, aggiunto Maurizio Agnello e sostituti Francesca Urbani e Brunella Sardoni) dando il via alle indagini che oggi hanno portato all’arresto di Isca e dell’ispettore Salvatore Craparotta.

Nelle aziende lavoravano almeno quattro familiari dell’ispettore che intercettato diceva come «fino a due anni fa non lavoravano nè loro nè altri, ora ci sono venti ragazzi che lavorano».

«Isca non aveva alcun problema per le autorizzazioni, considerato che dietro ai progetti c'era sempre Nicastri (il re dell’eolico ritenuto prestanome di Matteo Messina Denaro e socio d’affari del faccendiere Paolo Arata, ndr) che aveva tutti i contatti con la pubblica amministrazione», raccontò l’imprenditore in sede di denuncia. Aggiungendo che «Isca era la testa di legno di Nicastri, considerati i problemi giudiziari dati i rapporti con Messina Denaro» e ricostruendo ai magistrati anche i rapporti con Giovanni Filardo, cognato del latitante originario di Castelvetrano. Inoltre l’imprenditore denunciò i legami tra l’allora vicecomandante della Municipale e Isca.

«L'ispettore viene chiamato da Isca nel caso in cui le persone non mettano la macchina all’interno del suo parcheggio per fare le contravvenzioni e lui subito corre perchè entrambi i figli di Craparotta lavorano per Isca», denunciò l’imprenditore nel dicembre 2018. Dichiarazioni riscontrate, visto che la figlia di Craparotta gestisce il posteggio tramite una società di cui è titolare al 50%, mentre il restante 50% è di Giuseppe Ferrara, figlio dell’ex sindaco Nicola Ferrara, arrestato nel 2014 mentre era sindaco, per cui patteggiò una condanna per corruzione.

Secondo il gip l’ex vicecomandante «si è dimostrato - oltre che intransigente custode della sosta vietata - persecutore della concorrenza con l’utilizzazione di mezzi non consentiti, ma non ha esitato a ricorrere alla minaccia della draconiana applicazione della sua attività di istituto fino a ricorrere alla demolizione dei fabbricati abusivi - tollerati dalla amministrazione».

I pm inoltre avevano chiesto l’arresto dell’ex sindaco di Calatafimi Segesta Vito Sciortino, indagato per abuso d’ufficio, ma il gip Piero Grillo ha respinto la richiesta «ritenendo che - venuta meno la funzione di sindaco - non sia in alcun modo dimostrata la sussistenza di un pericolo di reiterazione del reato. Invero, pur essendo innegabile la sua volontà di favorire i congiunti nell’adozione del provvedimento di diffida, e preso atto delle iniziative sui social, non si riesce a cogliere in quale modo egli potrebbe reiterare la condotta criminosa ascrittagli».

Secondo l’accusa, l’ispettore Craparotta avrebbe «eseguito attività di controllo del territorio su indicazione di Isca», predisponendo degli atti acquisiti dal sindaco e trasmessi alla Soprintendenza per ottenere l’interdizione del parcheggio dell’altro imprenditore (lo stesso che ha presentato denuncia), chiuso prima che iniziasse l’ultima stagione estiva.

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