Macerie e rabbia. La ricostruzione resta una grande e dolorosa incompiuta. I 21 comuni della Valle del Belice fanno memoria con amarezza, 52 anni dopo, del terremoto che la notte fra il 14 e il 15 gennaio 1968 sconvolse questa porzione della Sicilia. Una ricorrenza che quest’anno «cade nel pieno di una rivendicazione che ci ha portato negli ultimi mesi a Roma per interloquire con il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti Giancarlo Cancelleri al fine di trovare una soluzione definitiva al completamento della ricostruzione», dice il sindaco di Partanna, Nicolò Catania, «abbiamo esposto per l’ennesima volta le tematiche più urgenti da affrontare in materia di opere di urbanizzazione primaria e di edilizia privata ricevendo rassicurazioni dal viceministro, d’intesa con la titolare del dicastero Paola De Micheli, in rappresentanza delle istituzioni nazionali, sulla volontà di dare una risposta definitiva a tutte le questioni avanzate». Il primo cittadino, coordinatore dei 21 sindaci esprime l’auspicio adesso che «le soluzioni alle urgenze non più rinviabili indicate nel corso della riunione siano finalmente risolte e che il rammarico per la continua assenza dello Stato, a dir poco mortificante per chi ogni giorno fra immensi sacrifici e ostacoli cerca di creare opportunità di sviluppo, possa trasformarsi nella soddisfazione di vedere finalmente riconosciute le nostre giuste rivendicazioni». Prosegue l’amministratore comunale: «Ci appelliamo infine alle istituzioni nazionali perchè ci supportino per chiudere la questione Belice e al Presidente della Regione Nello Musumeci perchè ci sostenga aprendo se necessario anche una vertenza con lo Stato con l’obiettivo di trovare una definitiva soluzione alla annosa e vergognosa vicenda del completamento, sempre promesso e mai mantenuto, della ricostruzione». A due anni dalla visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella «che ci aveva fatto sperare in una rapida e conclusiva soluzione all’annosa questione dobbiamo rilevare con amarezza ancora una volta che senza l’intervento delle istituzioni nazionali alle istanze del territorio di cui noi amministratori siamo portavoce, non si potrà mai dare risposta certa e finale. Al ricordo quest’anno si unisce ancora e con vigore la lotta per ottenere una volta per tutte ciò che ci spetta di diritto». Onorare la memoria delle tante vittime del sisma significa, conclude il coordinatore dei sindaci del Belice, «non cedere mai alla rassegnazione e continuare a combattere perchè vengano riconosciuti i diritti del nostro territorio a una ricostruzione degna, completa e funzionale al suo sviluppo». Per ricordare il sisma i comuni del comprensorio hanno messo a punto il calendario di manifestazioni. Si inizia oggi, a Montevago, alle 19, con una fiaccolata in memoria delle vittime del sisma. Domani alle 11 celebrazione eucaristica al cimitero comunale. 15 gennaio. A Menfi dalle 10.30 sarà visitabile l’installazione storica «Le prime tende, i primi alloggi» sui primi soccorsi arrivati in aiuto delle popolazioni in via Vittorio Emanuele III. Sempre alla stessa ora a palazzo Pignatelli si inaugura la mostra fotografica «I giorni del terremoto» visitabile fino al 20 gennaio. Alle 17 al Palazzo comunale sarà proiettato il video-documentario «Menfi 1968 - dalle macerie al futuro». Altre iniziative sono in programma nbei giorni successivi. Molto deve essere ancora fatto. E tra le richieste ve n'è una che in questo momento, spiegano i sindaci, «non possono prescindere anche dall’attenzione verso una struttura fondamentale per il Belice come l’ospedale Valle del Belice Vittorio Emanuele II di Castelvetrano. Nosocomio per il quale i sindaci si trovano ancora una volta costretti a promuovere azioni di salvaguardia al fine di scongiurare un declassamento insostenibile per le popolazioni della Valle e per sollecitare una deroga al decreto Balduzzi da inserire nel decreto legge 'Milleproroghè. Per la tutela dell’ospedale siamo pronti a scendere nelle piazze insieme con le nostre popolazioni a tutela di un diritto alla salute che non può essere calpestato impunemente». (AGI)