Piera Aiello indagata per falso, la procura chiede l'archiviazione per la testimone di giustizia
Il pm ha chiesto l'archivazione per Piera Aiello, 51 anni, la testimone di giustizia eletta alla Camera nella fila del M5S, è indagata per falso in atto pubblico dalla Procura di Sciacca. Una sorta di beffa per la donna che aveva deciso di sfidare la mafia tornando nella sua terra. Piera Aiello è cognata di Rita Atria, la giovane testimone di giustizia che si tolse la vita in seguito all’uccisione del giudice Paolo Borsellino. Per oltre metà della sua vita è stata costretta a nascondersi, a vivere in una località segreta con i suoi figli, ad avere una nuova identità per proteggersi dalla vendetta dei boss mafiosi che aveva denunciato. E adesso che ha deciso di mostrare il suo volto e di riprendersi il suo vero nome è indagata per falso. L’indagine è legata alla sua candidatura alle ultime elezioni Politiche, nel «feudo» del superlatitante Matteo Messina Denaro. La Procura di Sciacca l’ha iscritta nel registro degli indagati dopo un esposto presentato da un’altra candidata non eletta che segnalava presunte irregolarità circa l’identità della Aiello, costretta a cambiare nome nel 1997 dopo essere entrata nel programma di protezione. Il magistrato aveva raccolto le confessioni di Rita, figlia del boss Vito Atria, ucciso nel 1985 nove giorni dopo il matrimonio del figlio Nicolò con Piera Aiello. Anche il giovane rampollo del capomafia fu assassinato davanti alla moglie nel 1991. Le due cognate decisero allora di affidarsi a Borsellino, raccontando al giudice i retroscena della faida che stava insanguinando Partanna. Fino al tragico epilogo della strage di via D’Amelio e al suicidio della «picciridda», come la chiamava affettuosamente Borsellino. Piera Aiello è gia stata sentita dalla Procura di Sciacca che ha acquisito la documentazione dall’ufficio Anagrafe del Comune di Partanna, dove la donna è nata, ed ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta. L’apertura del fascicolo, fanno notare negli uffici giudiziari, è infatti un «atto dovuto» dopo la presentazione dell’esposto. «E' una storia squisitamente politica», spiega la parlamentare del M5s. «La mia elezione ha tarpato le ali a qualche avversaria, che si è arrampicata sugli specchi per segnalare irregolarità inesistenti. La mia candidatura è passata al vaglio della Corte di Appello, che naturalmente l’ha accolta. Non ho compiuto alcun atto doloso, questa storia avrà un effetto boomerang per chi l’ha creata». La testimone di giustizia si dice tuttavia amareggiata per una vicenda che definisce paradossale. «Ho dato la vita allo Stato. Per un quarto di secolo sono stata un fantasma, senza un volto ed un nome. E solo chi ha vissuto la mia stessa condizione può capire cosa significhi tutto ciò. Una vita fatta di rinunce e sacrifici». La parlamentare, che è anche componente della Commissione antimafia, adesso vuole tornare a riappropriarsi oltre che della sua vita anche del suo nome. «Sono in attesa del parere del ministeri dell’Interno e della giustizia» spiega l'esponente del M5s che è stata la prima candidata, nella storia della Repubblica, a scendere in campo senza volto. Poi, nel giugno dello scorso anno, la decisione di mostrarsi per la prima volta in pubblico: «Sono Piera Aiello», disse rompendo quel tabù che durava da oltre 25 anni.