Arrestato per bancarotta fraudolenta un grosso rivenditore alcamese di prodotti per la casa della provincia di Trapani. Per lui l'accusa è di aver distratto beni e denaro per oltre 1,2 milioni di euro. I finanzieri hanno eseguito un’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari nei confronti dell'imprenditore, indagato per reati di bancarotta fraudolenta ed intestazione fittizia di beni. Sono scattate diverse perquisizioni nelle abitazioni e nelle sedi di società riconducibili ad altri indagati. In particolare le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Trapani, hanno riguardato dieci persone per bancarotta fraudolenta, frode fiscale, intestazione fittizia di beni e illecito trasferimento di denaro. Secondo gli inquirenti sarebbe stato creato un complesso sistema criminale caratterizzato dalla creazione di numerose società dedite alla vendita al dettaglio di casalinghi, dalle quali con sistematicità venivano sottratte illecitamente grandi quantità di beni e denaro attraverso strumentali operazioni aziendali e finanziarie. Le indagini sono state avviate dopo il fallimento di una società dell’arrestato. I finanzieri, infatti, hanno accertato che ingenti somme di denaro dell’azienda, da utilizzare per il pagamento di fornitori e dipendenti, venivano trasferite sui conti correnti personali dell’imprenditore, per poi essere illecitamente impiegate per finanziare due nuove attività commerciali intestate a prestanome e nullatenenti. Le intercettazioni telefoniche hanno fatto emergere un sistema realizzato dall'imprenditore, con la complicità di un consulente fiscale alcamese e di alcuni imprenditori operanti nella provincia di Trapani e Palermo. Il gruppo criminale, con risorse provenienti da aziende precedentemente fallite, provvedeva a creare nuove attività commerciali intestandole a soggetti nullatenenti, i quali dovevano esclusivamente firmare i documenti di costituzione delle società. Dopo, gli indagati avrebbero sottratto la merce in magazzino e gli incassi delle vendite, senza pagare gli stipendi ad alcuni ignari dipendenti delle società, determinandone sistematicamente la crisi ed il conseguente fallimento. L’analisi della documentazione contabile e le indagini bancarie effettuate nei confronti dei soggetti coinvolti hanno permesso complessivamente di quantificare un guadagno illecito pari a oltre 1,2 milioni di euro. L'indagato avrebbe dirottato in una società immobiliare ed in un’altra società esercente l’attività di ristorazione, entrambe fittiziamente intestate ad alcuni familiari. Le indagini, inoltre, hanno riguardato anche un compiacente imprenditore napoletano, principale fornitore delle società, il quale, tramite finte operazioni commerciali, avrebbe determinato un vertiginoso aumento dei debiti favorendo rapide e concordate crisi aziendali. Il successivo fallimento delle società avrebbe garantito all’imprenditore campano un ingente risparmio fiscale connesso ai crediti non incassati, insieme al trasferimento “sotto-banco”, in accordo con gli altri complici, di partite di merce già oggetto di fatturazione alle società fallite a favore di altre società riconducibili agli stessi indagati.