PALERMO. Nasce dalla vendita all'asta di terreni della famiglia degli esattori mafiosi Salvo l'inchiesta della Dda di Palermo che ha portato oggi all'arresto di 12 tra capimafia e favoreggiatori del boss Matteo Messina Denaro appartenenti alle "famiglie" di Vita e Salemi. Secondo gli inquirenti Cosa nostra, attraverso imprenditori complici, avrebbe messo le mani su ettari di vigneti del nipote di Ignazio Salvo, Antonio, sorvegliato speciale dopo una assoluzione da una accusa di mafia, e della moglie Giuseppa, parente del trafficante di droga mafioso Salvatore Miceli. L'inchiesta, condotta dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani e dalla Dia, proverebbe le infiltrazioni di Cosa nostra negli investimenti immobiliari sui terreni agricoli offerti all'asta. Le terre vennero comprate all'asta dai fratelli Vito e Roberto Nicastri. Vito Incastri, imprenditore nel settore delle energie rinnovabili, è ritenuto vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro a cui avrebbe finanziato la latitanza. I Nincastri avrebbero pagato l'appezzamento 138 mila euro, rivendendolo a 750 mila euro poi alla società Vieffe dell'imprenditore Ciro Ficarotta, mafioso di San Giuseppe Jato. L'affare sarebbe stato realizzato con la supervisione del capomafia di Salemi Michele Gucciardi che, con la complicità di un agronomo aveva costretto i Salvo a rinunciare ai diritti sui vigneti. Sui terreni pendeva, infatti, una richiesta, della Salvo, di autorizzazione all'espianto per rivendere poi i diritti di reimpianto. Se il progetto fosse andato in porto gli acquirenti non avrebbero avuto i finanziamenti europei per la ristrutturazione delle superfici vinarie. Parte dei soldi ottenuti dall'affare, secondo i pm, sarebbero andati a Matteo Messina Denaro. "Ricordo distintamente che Salvo - racconta una testimone - ebbe a dirmi che, attraverso Nicastri, Messina Denaro avrebbe ottenuto la grande soddisfazione di appropriarsi di beni che appartenevano alla famiglia Salvo".