MAZARA DEL VALLO. Giacomo Giacalone e Salvatore Scalia, comandante e direttore di macchina del peschereccio Anna Madre sequestrato nella notte tra il 15 e il 16 settembre scorsi in acque internazionali da militari tunisini, hanno spiegato in una conferenza stampa a Mazara del Vallo, alla Casa del pescatore, che «Quando i militari sono saliti a bordo erano armati. Probabilmente è stato quello il momento più critico - ha detto Giacalone - perché io sono stato rinchiuso in una cabina in plancia e l’equipaggio è stato condotto a prua e ci hanno praticamente fatti prigionieri».
«Abbiamo cominciato a Sfax lo sciopero della fame perché ci sentivamo abbandonati - ha aggiunto - L’ambasciatore l’abbiamo sentito dopo 15 giorni, dopo la visita dell’europarlamentare Angelo Ciocca».
Uno degli armatori, Giampiero Giacalone, zio di Giacomo, ha chiarito che il peschereccio quando è stato sequestrato aveva il bluex box fuori uso da cinque giorni ma era vicino ad altri due motopesca, «Schiavone» e «Aliseo» e tutti si trovavano in acque internazionali, a sud di Lampedusa, distanti dall’area del Mammellone.
«Questo episodio - ha rimarcato Giampiero Giacalone - è stato etichettato come possibile recidiva, per questo inizialmente ci è stata inflitta una ammenda di 69 mila euro. La svolta si è avuta quando la scorsa settimana, a Mazara del Vallo, nell’ambito di Blue sea land, ho potuto incontrare il sottosegretario agli Affari esteri Vincenzo Amendola, al quale ho riferito che non c'erano recidive e che il pescato a bordo, costituito da gambero bianco, non si pesca nel Mammellone. Ci sono voluti 15 giorni per affermare la verità. Da lì la riduzione dell’ammenda a 34.500 euro e il rilascio del comandante e del direttore di macchina».
L’armatore, che ha evidenziato che il sequestro dell’Anna Madre in termini economici è costato circa centomila euro; ha espresso stima nei confronti dei sette marittimi di origine tunisina che componevano l’equipaggio i quali si sono uniti ai tre mazaresi nello sciopero della fame.
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