MAZARA DEL VALLO. La vicenda del peschereccio italiano sequestrato una settimana fa dalle autorità tunisine in acque internazionali, sembrava risolto per metà: l'equipaggio sarebbe tornato in serata; l'imbarcazione, invece, sarebbe rimasta nel porto di Sfax, in attesa di trovare una soluzione alla richiesta di 200 mila dinari, circa 69 mila euro, avanzata dalla commissione ministeriale tunisina all'armatore dell'Anna Madre, Giampiero Giacalone, il quale dice di non essere in grado di pagare questa cifra. Ma nel tardo pomeriggio la situazione si è nuovamente ingarbugliata: l'equipaggio, metà di Mazara del Vallo e metà tunisino, rimane a Sfax perché bloccato da intoppi burocratici, riferiscono i familiari dei marinai. La questione sembrava ormai legata alla disputa sull'importo da pagare, secondo l'armatore, che divide l'attività con il nipote Alessandro Giacalone, mentre la barca è di proprietà della società 'Pesca giovane srl'. "Un documento in arabo è stato consegnato al comandante dell'Anna Madre - ha spiegato - e lì è riportata la cifra, decisamente esorbitante". Durante la navigazione verso Sfax, lo scorso 16 settembre, il comandante Giacomo Giacalone era stato rinchiuso in una cabina dell'Anna Madre e al timone c'erano i guardacoste tunisini che hanno condotto la barca al porto militare; ma dopo qualche ora il peschereccio è stato portato al porto commerciale. Il pescato, del valore di circa 40 mila euro (tre tonnellate di gamberi e cento chili di pesce misto), è stato preso in consegna dalle autorità tunisine. Proprio le specie ittiche a bordo del peschereccio e il fatto che il pesce fosse congelato, avevano indotto all'ottimismo l'armatore, perché era evidente che quelle specie "non si pescano nelle acque tunisine dove, invece, si catturano le triglie". Ma le autorità tunisine non hanno tenuto in alcuna considerazione le osservazioni di Giacalone. Già lo scorso 2 agosto l'Anna Madre - che a bordo ha una decina di marittimi mazaresi e tunisini da residenti a Mazara del Vallo - era sfuggito a un tentativo di sequestro, sempre ad opera di militari tunisini, mentre si trovava in acque internazionali, a circa 30-35 miglia a nord-est da Zarzis. In quella circostanza i guardacoste avevano sparato colpi di arma da fuoco; mentre l'Aliseo, un peschereccio che operava nelle vicinanze, aveva assistito alla scena e dato l'allarme. Lo stesso Aliseo sarebbe sfuggito il 19 agosto a un altro tentativo di sequestro, sempre in acque internazionale e sempre da parte di militari tunisini. Dal 23 agosto, per scongiurare rischi e dopo le reiterate richieste da parte di armatori e associazioni di categoria, si disse che i pescherecci mazaresi Aliseo, Anna Madre e Atlantide avrebbero effettuato le loro battute di pesca a circa 30-35 miglia Nord-Est da Zarzis, vigilati dall'equipaggio di una nave della Marina militare italiana, che una settimana fa, secondo quanto detto da Giampiero Giacalone subito dopo l'accaduto, si trovava a una quindicina di miglia dal natante ed è intervenuta, non potendo far nulla, insieme a un elicottero della Marina.