PALERMO. Mezza riserva dello Zingaro distrutta dalle fiamme. Ma ora viene il tempo della conta dei danni e delle indagine. E c’è già un primo bilancio: tremila ettari andati in fumo, secondo la Regione, da Castellammare a Scopello e Custonaci.
Una devastazione che sarebbe stata causata da quattro focolai. Ma è presto per avere un quadro chiaro: Dorotea di Trapani, capo del dipartimento Sviluppo Rurale della Regione commenta: «Dovremo fare una ricognizione dei luoghi. C’è da capire cosa è finito in fumo». La parte della riserva più colpita è quella alta, a cui si arriva da Scopello, il versante più vicino al mare è rimasto indenne. Il danno è comunque enorme, anche se adesso si spera che lentamente la vegetazione possa rinascere in modo naturale. Per la pineta andata distrutta invece ci vorranno decenni.
Adesso bisognerà indagare sui quattro focolai da è partita l’azione distruttrice delle fiamme. Ma una cosa appare chiara: «È evidente che si tratta di incendi dolosi – dice l’assessore regionale all’Agricoltura Antonello Cracolici che ieri ha trascorso ore nella riserva -. Appiccati da gente esperta che sa come provocare il massimo danno possibile. Chi ha dato fuoco alla riserva ha atteso che il vento girasse dal mare verso l’entroterra. Questo ha dato alle fiamme una forza che nessuna attività di prevenzione poteva ridimensionare».
L’assessore ieri ha postato su Facebook le foto dell’inferno in cui è piombata la riserva. E ha anche tenuto a precisare che i lavori di prevenzione sono stati fatti, come spiega in un articolo di Giacinto Pipitone sul Giornale di Sicilia in edicola. «Ma si sono rivelati insufficienti di fronte a fiamme così alte. Per questo dico che chi si è mosso è esperto nell’appiccare incendi, ha scelto la giornata peggiore per noi. Ha sfruttato il vento e le altissime temperature».
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