ALCAMO. Annullata, con rinvio, dalla Cassazione, la sentenza di condanna a tre anni e due mesi di reclusione, confermata nel giudizio di appello, a Giuseppe Di Bartolo, l’imprenditore edile di Castellammare del Golfo, balzato agli onori della cronaca per essere stato ex presidente dell’Alcamo Calcio.
Di Bartolo era stato condannato (anche in primo grado, dal Tribunale di Trapani) per bancarotta fraudolenta durante la gestione della squadra, sotto la cui presidenza raggiunse importanti successi. La condanna si riferisce proprio a fatti legati alla gestione dell’Alcamo calcio, in un processo scaturito dalle indagini e dagli accertamenti fiscali condotti dalla Guardia di finanza della Tenenza di Alcamo nei primi mesi del 2007 sulla società bianconera e che hanno riguardato un triennio a partire dal 2004.
Secondo l’accusa l’imprenditore avrebbe distratto utili ammontanti ad oltre 200 mila euro non reinvestendoli nella società né ponendoli a disposizione della curatela fallimentare. Utili che, secondo le Fiamme gialle, l’associazione sportiva avrebbe conseguito dal 2004 al 2007.
Il Tribunale aveva assolto l’altro imputato nel processo, Francesco Milazzo, suocero di Di Bartolo, accogliendo la richiesta che, in questa direzione, prima del suo difensore, avvocato Gaetano Vivona, aveva fatto lo stesso pubblico ministero, Franco Belvisi. Nel corso del procedimento penale, era emerso, infatti, che nonostante fosse ufficialmente Francesco Milazzo il presidente dell’Alcamo, l’intera gestione della società bianconera sarebbe stata, di fatto, nelle mani dell’imprenditore Giuseppe Di Bartolo.
Il rappresentante della pubblica accusa sottolineò che Milazzo sarebbe stato titolare solo sulla carta: avrebbe avuto, infatti, un ruolo tanto marginale che, di fatto, si sarebbe limitato a gestire il servizio di biglietteria, staccando materialmente i tagliandi al botteghino in occasione delle partite di calcio. I giudici di primo grado (presidente Angelo Pellino), nell’emettere la sentenza di condanna all’ex patron dell’Alcamo calcio – il pm Franco Belvisi aveva sollecitato una pena a 4 anni di reclusione) - hanno stabilito la pena inflitta "in continuazione" con una precedente: un patteggiamento per un anno e sei mesi.
Giuseppe Di Bartolo era stato dichiarato fallito già nell'ottobre del 2003 e, dunque, secondo l'accusa, aveva esercitato nuove attività di impresa dopo la sentenza di fallimento emessa dal Tribunale di Trapani. Giuseppe DI Bartolo, difeso dall’avvocato Maurizio Lo Presti, adesso, così come ha stabilito la Cassazione, subirà un nuovo processo di secondo grado che sarà celebrato a Palermo in una sezione diversa della Corte d’Appello.
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