MARSALA. Arrivano le prime condanne nel procedimento scaturito dall'indagine di Guardia di finanza e Procura sfociata nel crollo dell'impero economico del noto imprenditore marsalese del settore ristorazione-alberghiero Michele Licata. Al quale, per una maxi-evasione fiscale e truffa allo Stato, lo scorso novembre, la sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani, su richiesta della Procura di Marsala, ha sequestrato di beni, mobili e immobili, quote societarie, polizze d'investimento e liquidità per 127 milioni di euro.
Le condanne sono quelle inflitte, con rito abbreviato, dal gup Francesco Parrinello a sei imprenditori che, secondo l'accusa, hanno emesso quelle "false fatture" per "operazioni inesistenti" che hanno consentito a Licata di evadere il pagamento di tasse per milioni di euro. Il reato, infatti, è contestato in "concorso" con l'ex gestore di Delfino, Delfino Beach, Baglio Basile e La Volpara (adesso in amministrazione giudiziaria).
Il gup ha inflitto un anno e 4 mesi di reclusione a Filippo Giacalone, 40 anni, rappresentante legale della "SiService", Antonino Nizza, di 59, socio amministratore della "Pi.Ca.M.", e Domenico Ferro, di 57, titolare della ditta "Security". A dieci mesi ciascuno, invece, sono stati condannati Carlo Mineo Buccellato, 38 anni, trapanese, titolare "di fatto" della ditta "Castiglione Maria Rosa" (prodotti alimentari), e i mazaresi Gaspare Messina, di 58, titolare di "Ambienti Hotel", e Leonarda Cammareri, di 51, titolare del Centro "Dorelan". A difendere i sei imputati sono stati gli avvocati Milazzo, Galluffo, Pellegrino, Calamia e De Gaetano.
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