MARSALA. Imputato e teste, entrambi detenuti, arrivano con lo stesso cellulare della polizia penitenziaria. Dunque, a stretto contatto di gomito per un bel po' di tempo. Sufficiente, probabilmente, per scambiare qualche parola (o magari qualche eloquente sguardo) sulla testimonianza da rendere in aula.
E' risaputo, però, che imputati e testimoni non possono avere contatti prima di una deposizione. Per questo motivo, ieri, davanti il Tribunale di Marsala (presidente Sergio Gulotta, giudici a latere Moricca e Pierini), nel processo a tre dei quattro arrestati nell'operazione antimafia "The Witness" (9 marzo 2015), è "saltata" la prevista testimonianza (ammesso, naturalmente, che volesse parlare) del boss marsalese Francesco De Vita. Quest'ultimo, condannato all'ergastolo per l'omicidio di "Vanni" Zichittella (15 giugno 1992), doveva essere ascoltato come "imputato di reato connesso", ma, non si sa perché, è stato tradotto con lo stesso mezzo con cui è arrivato il 54enne pastore Vincenzo Giappone, uno degli imputati del processo.
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