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Trapani, lavoro e integrazione per i giovani profughi

La cooperativa gestisce dal 2007 diversi centri Sprar

TRAPANI. Un ghanese che ha trovato occupazione al cantiere navale di Trapani con la qualifica di manutentore. Un suo connazionale che lavora, invece, come giardiniere. Un giovane del Bangladesh che fa l'aiuto cuoco. Storie di migranti, in fuga dal loro Paese, che in Italia hanno trovato la loro dimensione, riuscendo ad integrarsi, perfettamente, con il tessuto sociale ed economico. Il manutentore navale ha fatto arrivare in città la sua famiglia.

Storie a lieto fine, dopo una serie di vicissitudini e sofferenze, che hanno alla base un unico denominatore. I tre profughi erano stati ospitati nei centri Sprar gestiti dalla cooperativa «Badia Grande» che si conferma «modello di integrazione».
Sprar significa Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati e costituisce una rete di centri definiti di "seconda accoglienza" destinati ai richiedenti e ai titolari di protezione internazionale. «Bisogna fare una puntualizzazione - precisa Giuseppina Cusenza, assistente sociale della cooperativa Badia Grande - perché spesso si fa confusione. I centri Sprar a differenza degli altri centri di accoglienza, non sono finalizzati ad un'assistenza immediata alle persone che arrivano sul territorio italiano ma, almeno originariamente, all'integrazione sociale ed economica di soggetti già titolari di una forma di protezione internazionale: rifugiati, titolari di protezione sussidiaria o umanitaria».

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