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La sentenza Rostagno: «La Procura indaghi su alcune testimonianze»

Nell’elenco stilato dai giudici ci sono militari, giornalisti, imprenditori le cui dichiarazioni non hanno convinto

TRAPANI. Le motivazioni della sentenza del processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, chiariscono, tra l’altro, le posizioni - molto diversificate - dei testi ritenuti falsi e le cui deposizioni sono state tramesse alla Procura distrettuale antimafia di Palermo: si va dal pluricitato luogotenente dei carabinieri, Beniamino Cannas (il suo nome lo si incontra centinaia di volte nelle oltre tremila pagine vergate dalla Corte di assise di Trapani) al giornalista Salvatore Vassallo, “reo” di un paio di marginali contraddizioni, come, ad esempio, di aver detto in aula, durante il processo, di non conoscere Andrea Marcenaro, amico di Rostagno e tra i fondatori di Lotta Continua, e di aver invece messo a verbale, nell’89, di averlo incontrato una volta.

E assieme a Vassallo, marginale è, di certo, la posizione di Caterina Ingrasciotta, di fatto, editore di Rtc, la tv dove lavorava il giornalista e sociologo assassinato: “Non possiamo fare a meno di manifestare un sincero rammarico per avere inserito, ma era un atto dovuto, anche la signora Caterina Ingrasciotta nella folta schiera di testimoni infedeli. La signora Ingrasciotta – scrivono i giudici - è una donna coraggiosa… ma il suo coraggio non si è spinto fino al punto di farle abbandonare, 25anni dopo un evento che sicuramente ha sconvolto la sua esistenza, ogni residuo legame omertoso con il suo ambiente di provenienza, l'establishment trapanese”.

 

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