CAMPOBELLO DI MAZARA. La Corte d'appello di Palermo ha condannato a nove anni di carcere l'ex sindaco di Campobello di Mazara (Tp) Ciro Caravà, processato per concorso in associazione mafiosa. Accusa dalla quale l'ex primo cittadino era stato assolto in primo grado, il 6 febbraio 2014, dal Tribunale di Marsala (collegio presieduto da Gioacchino Natoli). Caravà, 56 anni, arrestato il 16 dicembre 2011 (operazione della Dda e carabinieri «Campus Belli»), era alla guida di una giunta di centrosinistra. Il Comune venne stato sciolto per infiltrazioni mafiose il 27 luglio 2012. L'ex primo cittadino, secondo l'accusa, avrebbe intrattenuto rapporti con esponenti della locale cosca capeggiata da Leonardo Bonafede, 82 anni, in passato condannato per mafia. Al centro delle indagini, avviate nel 2006, c'era uno dei sodalizi criminali considerato tra i più vicini al boss latitante Matteo Messina Denaro. Secondo gli investigatori, la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara avrebbe mantenuto uno stretto collegamento con Messina Denaro e, «attraverso un pervasivo controllo del territorio», sarebbe riuscita a «infiltrare progressivamente le attività imprenditoriali ed economiche dell'area». Oltre a Caravà, la Corte d'appello ha condannato, sempre a 9 anni, anche Gaspare Lipari, 47 anni, anch'egli assolto in primo grado, che secondo l'accusa avrebbe svolto una funzione di «collegamento» tra l'ex primo cittadino e Bonafede. Per quest'ultimo è stata confermata l'assoluzione da intestazione fittizia di beni. I giudici di secondo grado hanno, inoltre, confermato le assoluzioni da concorso esterno in associazione mafiosa degli imprenditori del settore olivicolo-oleario Antonino Moceri, di 63 anni, e Antonio Tancredi, di 54, e ridotto a 9 anni le pene inflitte in primo grado a Simone Mangiaracina, di 77 anni, e Cataldo La Rosa, di 49, considerati il «braccio operativo» del capomafia Leonardo Bonafede. Mangiaracina era stato condannato a 13 anni di carcere, mentre La Rosa a 12.