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"Affidava i suoi beni a dei prestanome", arrestato il cognato di Messina Denaro

Sequestrate case e attività commerciali

CASTELVETRANO. In carcere era finito già nel 1998. Oggi, per lui, Gaspare Como, cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro, il gip ha deciso per i domiciliari. Quarantacinque anni, commerciante di Castelvetrano, paese del trapanese, pregiudicato per associazione a delinquere ed estorsione, è accusato di trasferimento fraudolento di beni.

La Dia gli ha sequestrato un'azienda commerciale di vendita di abbigliamento ed un immobile, in contrada Triscina per circa 200mila euro. In libertà, dopo il provvedimento restrittivo del giudice di Marsala, resta soltanto uno dei cognati del padrino, Rosario Allegra e le sorelle Bice, Giovanna e Rosalia. In carcere invece la sorella Patrizia, che, secondo i magistrati, avrebbe preso in mano le redini del clan nell'ultimo periodo di latitanza del capomafia e che è stata recentemente condannata a 13 anni per associazione mafiosa ed estorsione, il marito Vincenzo Panicola, il fratello Salvatore, il cognato Filippo Guttadauro e il nipote Francesco.

Como, marito di Bice Maria Messina Denaro, è accusato di aver avviato e gestito 'occultamente' due esercizi commerciali per la vendita al dettaglio di abbigliamento a Castelvetrano ed a Marsala, attribuendone, "fittiziamente, la titolarità a prestanomi, che sono indagati". Secondo gli investigatori avrebbe acquistato una casa, a Triscina, facendone risultare - scrive la Dia - "proprietari alcuni imprenditori castelvetranesi", il tutto per aggirare le misure di prevenzione. Già nel 2012, la Procura della Repubblica di Marsala, gli aveva sequestrato immobili ed autoveicoli.

L'arresto di Como è l'ultimo dei provvedimenti a carico dei familiari del capo di Cosa nostra. Un anno fa durante un blitz della dda di Palermo finirono in cella 30 persone: tra loro molti stretti congiunti di Matteo Messina Denaro. Come la sorella Patrizia, che gestiva, col nipote Francesco Guttadauro, il clan trapanese obbedendo agli ordini che arrivavano dal latitante, riscuotendo le estorsioni, dividendo i proventi delle commesse edili ottenute illecitamente.

In famiglia, mogli e figlie collaboravano per mandare avanti gli affari. In manette anche Franca Maria Barresi, la moglie di Giovanni Filardo, cugino di Matteo Messina Denaro, che dal carcere dirigeva gli affari di famiglia. Filardo impartiva alla consorte e alle figlie Floriana e Valentina, anche loro arrestate, precise direttive sull'attività imprenditoriale: assunzioni, licenziamenti, pagamenti, ma anche il progressivo prosciugamento delle disponibilità finanziarie sociali e personali per eludere l'applicazione delle misure di prevenzione.

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