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Mazara, dopo la vicenda del peschereccio si riapre la questione libica

Il peschereccio sfuggito al sequestro si trovava in acque che l’Italia, ed il resto del mondo, considerano internazionali

MAZARA. La marineria riflette e poi si arrabbia. Non va giù questa storia del confine delle acque territoriali libiche da anni al centro dell'attenzione e che non è stata mai risolta. La vicenda del peschereccio "Airone" riapre un problema antico e di grande spessore per l'economia della città. Non potere pescare nelle acque internazionali prospicenti la zona esclusiva libica, è un disastro per la marineria di Mazara sul fronte dell'economia e della finanza. Le acque territoriali libiche si estendono a 12 miglia nautiche dalla costa alle quali si aggiungono altre 12 miglia relative alle acque della zona contigua. Oltre le 24 miglia dalla linea di costa le acque sono libere per l'attività di pesca, transito, etc. nonostante qualsiasi altra affermazione unilaterale, presuntuosa ed illegale, della Libia. Nel caso del sequestro dell'Airone, secondo la registrazione video effettuata da SkyTV24, si sente il comandante del rimorchiatore libico dare la posizione di 33 gradi nord e di 14gradi e 42 primi est. Questo punto si trova a circa 30 miglia di distanza dal punto della costa più vicino, ovvero quella della zona di Al-Khums e del suo porto industriale. Non solo. Il punto nave si trova a 40 miglia dal porto di Misurata. Quindi è ovvio che l'Airone si trovava in acque che l' Italia, ed il resto del mondo, considerano internazionali. A questo punto sarebbe opportuno che qualcuno spiegasse, una volta per tutte ai libici, che la linea del trentatreesimo parallelo non rappresenta il confine libico, che Gheddafi, con provvedimento unilaterale, ha trasferito fino a 74 miglia, ma solo una riga sulle carte nautiche.

 

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