ROMA. Blitz dei Carabinieri e della Guardia di Finanza contro il patrimonio della "famiglia" mafiosa del boss latitante Matteo Messina Denaro: sequestrati complessi aziendali, attività agricole e commerciali, terreni, fabbricati, autoveicoli e disponibilità finanziarie per un valore di oltre 20 milioni di euro. Il maxi sequestro ha interessato diversi soggetti, tutti arrestati nel dicembre 2013 in quanto coinvolti, a vario titolo, nel supporto alla latitanza di Messina Denaro e nel controllo degli interessi economici a lui riconducibili.
I provvedimenti di sequestro - disposti dalle Sezioni misure di prevenzione dei Tribunali di Palermo e di Trapani, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano - giungono al termine di indagini economico-patrimoniali svolte congiuntamente dai finanzieri del Gico di Palermo e dello Scico, e dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani che hanno permesso di ricostruire le infiltrazioni di Cosa Nostra e dei suoi leader storici negli affari di diverse società ed attività agricole e commerciali dislocate in diverse province della Sicilia e del Sud Italia.
In particolare, riferiscono gli investigatori, l'indagine ha fatto luce sulle modalità di controllo delle attività economiche e produttive da parte dell'organizzazione capeggiata da Messina Denaro, attraverso la gestione occulta di società e imprese attive in diversi settori. Si tratta di un vero e proprio circuito imprenditoriale teso ad assicurare un completo controllo economico del territorio soprattutto nel settore dell'edilizia e del relativo indotto, mediante la gestione e la spartizione di importanti commesse.
Tra i beni sottoposti a sequestro ci sono tre società, sette quote societarie e quattro ditte individuali, dodici autovetture, quattro veicoli industriali, una moto, tredici autocarri, tre semirimorchi, un fabbricato industriale, un immobile a destinazione commerciale, otto immobili ad uso abitativo, 29 terreni, quattro fabbricati rurali, polizze assicurative, titoli azionari, rapporti bancari, depositi a risparmio.
LE INDAGINI. Le indagini dei carabinieri del Ros e della Guardia di Finanza, che hanno portato oggi al sequestro di beni per oltre 20 milioni di euro, hanno consentito di ricostruire - anche grazie a precedenti accertamenti svolti dalla Polizia di Stato - il circuito imprenditoriale del boss Matteo Messina Denaro, che attraverso suoi prestanome gestisce in modo occulto una vasta rete di società ed imprese. Tra i destinatari dei provvedimenti di sequestro spicca Giovanni Filardo (cugino di Messina Denaro), titolare di fatto di varie società edili, che a fronte di redditi esigui aveva importanti disponibilità risultate di provenienza illecita. Precedenti indagini della Polizia avevano poi già evidenziato il ruolo di Francesco Spezia, titolare fittizio - sempre secondo l'accusa - della "Spe.Fra Costruzioni srl". Altri nomi emersi dall'inchiesta quelli di Vincenzo Torino e Aldo Tonino Di Stefano, considerati prestanome della "Fontane d'oro Sas", impresa del settore olivicolo.
Già accertata, sottolineano sempre gli investigatori, la riconducibilità alla famiglia mafiosa del boss trapanese di diverse attività economiche controllate da Antonino Lo Sciuto, che avrebbe gestito, per conto dell'organizzazione, la realizzazione di importanti commesse pubbliche e private nell'area di Castelvetrano. Tra queste, le strade della zona industriale e le opere di completamento del cosiddetto "Polo tecnologico" di contrada Airone, ma anche i lavori per le piazzole e le sottostazioni elettriche del parco eolico "Vento Divino", nel comune di Mazara del Vallo, in seguito a un "accordo spartitorio" con quest'ultimo mandamento mafioso.
In questo contesto investigativo rientrano anche le indagini sul conto di Nicolò Polizzi, secondo l'accusa "uomo d'onore" della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, che avrebbe avuto un ruolo di condizionamento delle commesse pubbliche e private in ambito locale.
I BENI SEQUESTRATI. Il sequestro di circa 20 milioni di beni effettuato dai carabinieri del Ros e dalla Guardia di finanza nei confronti del clan mafioso trapanese di Matteo Messina Denaro riguardano soprattutto aziende olearie ed edilizie. Il provvedimento nel dettaglio colpisce: Antonino, Lo Sciuto, 44 anni, di Castelvetrano (TP), per 250.611 euro, Francesco Spezia, 40 anni, di Erice (TP) per 2.188.090 euro, Vincenzo Torino, 56 anni, di Napoli, per 1.826.337 euro, Aldo Tonino Di Stefano, 48 anni, di Campobello di Mazara (Tp) per 550.338 euro, Nicolò Polizzi, 59 anni, di Campobello di Mazara (TP) per 3.339.698 euro, Mario Messina Denaro, 59 anni, di Castelvetrano (TP) per 8.021.212 euro, Giovanni Filardo, 51 anni, di Castelvetrano (TP) per 3.390.010 euro, Girolamo Cangialosi, 56 anni di Carini (PA) per 777.191 euro.
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