PALERMO. Sono stati sequestrati beni per oltre tre milioni di euro all’imprenditore Giovanni Filardo di Castelvetrano, cugino del boss latitante Matteo Messina Denaro. Un'operazione antimafia condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia, dalla Guardia di Finanza e dal Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri di Palermo.
Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal Tribunale di Trapani – Misure di Prevenzione, che ha accolto la proposta di misura di prevenzione patrimoniale finalizzata alla confisca avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.
Filardo, arrestato nel marzo del 2010 nell’ambito dell’operazione di polizia denominata “Golem - fase II”, perché accusato di far parte dell’associazione mafiosa nella provincia di Trapani e nel mandamento di Castelvetrano. Secondo gli investigatori l'imprenditore avrebbe curato, insieme gli altri affiliati, attività estorsive, nonché “l’approvvigionamento, il reinvestimento e l’interposizione fittizia di valori di capitali di illecita provenienza, è accusato, di aver avuto la funzione di collettore e distributore di messaggi da e per il capo mafia latitante”.
Assolto dal Tribunale di Marsala (in primo grado) per il reato di associazione mafiosa, il 13 dicembre, Giovanni Filardo venne però, nuovamente raggiunto da una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Palermo, su richiesta dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia, coordinati dal procuratore aggiunto Teresa Principato nell’ambito dell’operazione Eden, per avere intestato in modo fraudolento beni, per agevolare l’attività di cosa nostra.
Sono stati sequestrati un complesso aziendale, numerosi mezzi d’opera ed automezzi, terreni, una villa con finiture di pregio e di altri beni mobili ed immobili accumulati nel tempo, del valore di oltre 3 milioni di euro.
Le indagini economiche e finanziarie condotte dalla Direzione Investigativa Antimafia di Trapani, dal Ros dei Carabinieri, dal Servizio Centrale Investigazioni Criminalità Organizzata e dal Gico della Guardia di Finanza di Palermo, coordinati dal Procuratore Aggiunto della Dda di Palermo, Bernardo Petralia hanno consentito di dimostrare la sproporzione tra il valore dei beni e le reali capacità economiche dell’imprenditore colpito dal provvedimento. Dopo il suo primo arresto, l’imprenditore avrebbe tentato di trasferire fittiziamente ai propri familiari denaro ed aziende. Operazione bloccata sul nascere dalle forze dell'ordine.