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Traffico illecito di rifiuti a Marsala, a giudizio due ex presidenti di Sicilia Acquaviti

MARSALA. Per «attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti», la Dda di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di Giuseppe Bianchi, 78 anni, legale rappresentante della Sicilia Acquaviti di Marsala dal 2009 al 2011, nonchè della Ge.Dis. dal 1980 al 2012, e di Fabio Volpe, 48 anni, legale rappresentante della Sicilia Acquaviti dal 2011 al 2013.
La prima udienza preliminare, davanti al gup di Palermo, Fernando Sestito, si terrà il 6 novembre.
L'indagine, inizialmente coordinata dal procuratore di Marsala Alberto Di Pisa e dal sostituto Giulia D'Alessandro e poi, per competenza, dalla Dda di Palermo, è stata avviata nel maggio 2013, quando la sezione di pg della Guardia di finanza di Marsala ebbe notizia del possibile illecito smaltimento di scarti industriali da parte delle distillerie Ge.Di, con stabilimento nei pressi del porto di Marsala, e Sicilia Acquaviti.
Disposti i controlli (effettuate anche trivellazioni nel terreno), si accertò che il borlande della Sicilia Acquaviti veniva smaltito sui terreni, attraverso tubi, attorno all'impianto industriale di contrada Digerbato-Bartolotta e nelle vicine cave di tufo, poi ricoperte di terra.
È stata, inoltre, scoperta una fossa in cui venivano stoccate vinacce esauste con un bacino di contenimento completamente ripieno di acque di lisciviazione/percolato delle stesse vinacce. Lo scorso maggio l'impianto industriale e terreni limitrofi per 162 mila metri quadrati sono stati sottoposti a sequestro preventivo.
Il provvedimento, eseguito dalle Fiamme gialle, fu disposto dal gip di Palermo Giuliano Castiglia, su richiesta del pm della Dda Maurizio Agnello.
Dall'inchiesta è emerso che pericolosi scarti della distillazione, e in particolare borlande (i cui principali componenti sono: propanolo, butanolo, metil-propanolo, pentanolo e altri pentanoli isomeri, nonchè furfurale), venivano da tempo sversati sui terreni circostanti e all'interno di cave di tufo abbandonate, finendo così nel sottosuolo. Ciò, per altro, a poca distanza dai pozzi dell'acquedotto comunale di Marsala. Il reato prevede una pena fino a 6 anni di carcere.

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