Trapani

Sabato 23 Novembre 2024

Campobello, ricorso contro assoluzione Caravà

CAMPOBELLO DI MAZARA. "Esasperata parcellizzazione del compendio probatorio", "sottovalutazione dei dati probatori", "sistematica sopravalutazione delle dichiarazioni rese dagli imputati", "omissione valutativa di tutti i numerosi elementi di prova", "incoerenza della motivazione rispetto ai principi di diritto". Su questi elementi si basa l'appello del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Pierangelo Padova, avverso la sentenza pronunciata il 6 febbraio scorso dal Tribunale di Marsala, che ha mandato assolti, tra gli altri, l'ex sindaco di Campobello di Mazara, Ciro Caravà (concorso esterno in associazione mafiosa) e il boss Leonardo Bonafede (intestazione fittizia di beni).
Solo due dei sette imputati del processo scaturito dall'operazione antimafia dei carabinieri Campus Belli del 16 dicembre 2011 sono stati condannati in primo grado: Simone Mangiaracina, di 76 anni, e Cataldo La Rosa, di 48, considerati il «braccio operativo» del boss Bonafede, di 81 anni. Mangiaracina è stato condannato a 13 anni di carcere, mentre La Rosa a 12 anni. Oltre all'ex sindaco Caravà e a Bonafede, sono stati poi assolti anche Gaspare Lipari, di 46 anni, che secondo l'accusa avrebbe svolto una funzione di «collegamento» tra il sindaco e il capomafia Bonafede, Antonino Moceri, di 62, e Antonio Tancredi, di 53. Questi ultimi due, imprenditori del settore olivicolo, erano accusati di concorso esterno in associazione mafiosa per avere consentito a Cosa Nostra di infiltrarsi nell'attività economica.
Per il pm, con la parcellizzaione del compendio probatorio, si "sottrae all'analisi unitaria e coerente con il contesto". Il Tribunale di marsala, secondo il pm Padova, "ha, infatti, costantemente effettuato, nei capi della sentenza che hanno condotto ad una pronuncia assolutoria, una valutazione frazionata del pur copioso materiale probatorio sottoposto al suo esame, trascurandone il doveroso esame complessivo. Esame complessivo che costituisce, per giurisprudenza ormai consolidata, fase necessaria per percorso motivazionale, la cui omissione non può non risolversi in un grave vizio do motivazione del provvedimento".Soffermandosi sulla figura di Caravà, il pm ha voluto ricordare anche "il contesto familiare pesantemente segnato dall'operato di Cosa Nostra": il padre e uno zio di Caravà furono uccisi dalla mafia, "a seguito ed a causa del loro coinvolgimento nel sequestro di Luigi Corleo (suocero dell'esattore di Salemi Nino Salvo, ndr)".

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