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Arrestato il direttore della Caritas, la Curia di Trapani sospende il prete

TRAPANI. È stato sollevato «in attesa che la magistratura faccia il suo corso, per prudenza, da tutti gli incarichi pastorali don Sergio Librizzi», direttore della Caritas di Trapani arrestato oggi con l'accusa di reati sessuali e concussione. Lo comunica la curia vescovile di Trapani che esprime «dolore e amarezza in seguito all'ordinanza di custodia cautelare che ha raggiunto questa mattina il reverendo don Librizzi».
«Confidando nell'operato della magistratura a cui assicuriamo il massimo della collaborazione - osserva la nota - per l'accertamento della verità, chiediamo alla comunità ecclesiale d'intensificare la preghiera coscienti dalle parole del Vangelo che solo la verità rende liberi».


"SESSO IN CAMBIO DELLO STATUS DI RIFUGIATO". Secondo l'accusa, don Sergio Librizzi, direttore della Caritas trapanese arrestato stamane, avrebbe chiesto prestazioni sessuali a migranti maschi che chiedevano lo status di rifugiati politici. Il sacerdote era componente - "molto influente", ha sottolineato il pm Paolo Di Sciuva in una conferenza stampa a Trapani - della commissione territoriale presso la Prefettura, deputata al rilascio dello status.
"Costringeva i giovani a prestazioni sessuali - ha detto il procuratore capo Marcello Viola - mediante pressioni, facendo leva sul suo ruolo apicale, sulla sua posizione di dominio". L'indagine, non ancora conclusa, per ora coinvolge soltanto don Librizzi.
Fondamentali sono state le intercettazioni ambientali. Tra le vittime, almeno otto, non ci sono soltanto migranti, ma anche disagiati che si erano rivolti alla Caritas. Le accuse riguardano episodi che vanno dal 2009 ai giorni scorsi. In particolare gli episodi riscontrati sarebbero concentrati negli ultimi sei mesi. Le prestazioni sessuali sarebbero avvenute nell'auto del sacerdote, sulla quale gli investigatori avevano collocato le "cimici".
Il sacerdote è stato portato in carcere. "Abbiamo chiesto ed ottenuto la custodia cautelare in carcere - ha detto il procuratore Viola - perché c'è il rischio di inquinamento delle prove, ma anche della reiterazione del reato".

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