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Furono salvate dal terremoto del '86, tornano le campane di Salaparuta

Collocati in chiesa madre per volontà di don Pavia i sacri bronzi del ’700 recuperati dopo il tragico crollo di 45 anni fa

SALAPARUTA. Dal punto di vista liturgico, il suono dei sacri bronzi invita i fedeli alla celebrazione dei divini misteri e degli altri atti di culto sacro. Il loro suono a Salaparuta fu interrotto dal terremoto del 1968 che rase al suolo il paese, distruggendo tutte le chiese le cui campane andarono distrutte e quelle che furono salvate intatte portate in altre chiese. Alcune, invece, furono utilizzate nella chiesa prefabbricata della baraccopoli e, successivamente, trasportate al nuovo centro e rimaste incustodite all’esterno, vennero trafugate. Si sono salvate dal terremoto e dalla mano dell’uomo solo quattro campane: due di 350 chili circa, di cui una datata 1798 erecante una scritta difficilmente decifrabile a causa dell’usura del tempo; l’altra probabilmente la famosa campana chiamata popolana perché fusa a spese del popolo nel 1760. E ancora, una di 60 chili e la più piccola, dedicata alla Madonna della Lettera e datata 1748, di 30 chili, probabilmente proveniente dalla omonima chiesa del vecchio centro. Dopo la costruzione della chiesa dedicata alla Ss. Trinità, aperta nel 2006, le quattro campane furono collocatesul campanile, con la possibilità di suonarle raramente e solo manualmente con delle corde in quanto difficilmente meccanizzabili. Per tale motivo il nuovoparroco don Salvatore Pavia, dopo aver consultato una ditta specializzata, ha deciso di farle collocare sul campanile della chiesa madre, sprovvisto di campane. La cerimonia si è tenuta alla presenza dei fedeli di Salaparuta e, per l'occasione, sopra il tetto della stessa chiesa è stata benedetta una croce. Il ritorno delle campane a Salaparuta non è l'unica operazione di recupero messa in atto nella Valle del Belice. Anche la tela raffigurante la Madonna con bambino dipinta dall'artista palermitano Mariano Smiriglio che era collocata nell'ex chiesa madre di Salemi è tornata, qualcuno mesi addietro, ad essere ammirata dal pubblico, all'interno del museo d'arte sacra, nell'ex collegio dei Gesuiti. Particolare il contesto nel quale fu realizzata la tela: bandito un concorso Smiriglio in competizione proprio con Vito Carrera, fu escluso perchè la commissione degli esperti giudicò vincitore la tela del Carrera. Durante i lavori di costruzione della chiesa madre, iniziati nel 1615, i Giurati della città affidarono la direzione del progetto allo Smiriglio, allora nominato architetto regio del Senato di Palermo. Rovinatasi la tela del Carrera, l’artista, direttore dei lavori, fece collocare nella tribuna della chiesa madre proprio la sua tela.

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