PANTELLERIA. Trenta ancore di piombo, quattro anfore e quattro lingotti anch'essi di piombo di diverse dimensioni e tipologia sono stati trovati a 60 metri di profondità nelle acque di Pantelleria. Dopo la scoperta di 3500 monete puniche nel 2011, sta terminando con successo anche la seconda fase del progetto valorizzazione e fruizione dei siti archeologici sommersi a Cala Tramontana e a Cala Levante ideato dal consorzio Pantelleria Ricerche (Università degli Studi di Sassari, Ares archeologia, Diving Cala Levante) e dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, realizzato grazie al finanziamento di Arcus S.p.A. Il progetto di ricerca ha preso il via il 15 maggio e terminerà a metà luglio. Le ricerche sono state condotte da un team di altofondalisti composto da 10 professionisti tra cui 2 archeologi, 2 fotografi, 4 operatori tecnici e 2 assistenti di superficie. La disposizione delle ancore, la tipologia del giacimento archeologico e le analogie con altri contesti simili - come ad esempio il sito di Capo Grosso a Levanzo, luogo in cui si consumò la battaglia delle Egadi nel 241 a.C. - lasciano ipotizzare il fatto che ci si trovi di fronte ai resti di un ormeggio di emergenza da parte di una flottiglia di navi puniche, probabilmente in occasione di una delle battaglie navali con le quali i Romani, per ben due volte durante il corso del III secolo a.C., presero il controllo dell'isola di Pantelleria. Questa scoperta è stata resa possibile grazie alla mappatura dei fondali delle due baie da 8 a 100 metri di profondità realizzata in collaborazione con il dipartimento di Scienze della Terra dell'Università La Sapienza di Roma e del CNR. Il progetto di ricerca ha riguardato anche l'indagine stratigrafica subacquea del carico di un relitto situato a 20 metri di profondità nei fondali di Cala Tramontana, i cui resti sono costituiti prevalentemente da anfore da trasporto di produzione cartaginese. Anche in questo caso i reperti sono databili al III secolo a.C. Lo scavo è stato condotto in collaborazione con il 3 Nucleo Sommozzatori della Capitaneria di Porto di Messina. Alle attività di indagine hanno partecipato oltre una ventina di specialisti, provenienti da diverse università Italiane, che si sono occupati dello studio e dell'analisi dei diversi contesti individuati.
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