
TRAPANI. E’ passato un mese dall’omicidio del parroco di Ummari, padre Michele Di Stefano. Dell’assassino (o degli assassini) non c’è ancora nessuna traccia. E questo avvalora l’ipotesi che ad entrare in azione all’interno della canonica non è stato un balordo, ma un professionista esperto ed attento a non commettere errori, a non lasciare tracce. Un professionista che ha agito con premeditazione e solo per uccidere. Certo le modalità del delitto (e chissà se anche quest’aspetto non sia stato studiato a tavolino per depistare gli investigatori) lasciano aperte più piste.
«Ad un mese di distanza dalla tua scomparsa siamo ancora increduli e addolorati», ha scritto ieri Rosy Croce sulla pagina di facebook dedicata al sacerdote assassinato; mentre Leonardo Altese ha proposto ai giovani di realizzare una cooperativa per scopi sociali, in maniera da far rivivere il borgo «Livio Bassi» - una volta centro di aggregazione della frazione - che da tre anni ospitava solo l’anziano sacerdote. Padre Michele Di Stefano viveva lì da solo non per sua scelta: quando venne trasferito da Fulgatore (dopo aver guidato la parrocchia per ben 43 anni) fu costretto a lasciare anche la canonica, nonostante l’immobile sia rimasto - da allora e fino ad oggi - inutilizzato, chiuso. Neppure questo gli venne concesso. Anziano e diabetico non ha avuto scelte. Lui non si lamentava mai per questo e, anzi, ha rivitalizzato quel borgo semi abbandonato. Su facebook i membri del gruppo hanno postato, in questi giorni, le foto dei raduni d’auto d’epoca e delle moto «quad» tenutesi nello slargo antistante la parrocchia. La frazione pulsa, come pure la pagina di facebook: «...il fatto che qualcun altro abbia pensato la stessa cosa..mi dice..che forse qualcosa è possibile...», scrive Mariolina Sugamele, commentando la proposta di far rivivere quel borgo dove l’unico ospite è stato ucciso.
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